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Ex Ilva: basta con la retorica dell’acciaio a tutti i costi

Cosa ci sia davvero dietro le voci di una rivalutazione da parte di Mittal del piano industriale per i prossimi anni a Taranto è cosa difficile da sapere.

Non sappiamo se una eventuale riduzione della produzione e quindi un ridimensionamento degli organici sia stato già discusso da parte degli attuali gestori con il governo.

L’eliminazione della norma sul l’immunità penale potrebbe essere il pretesto adatto per giustificare eventuali ridimensionamenti del business degli indiani dovuto invece, più verosimilmente, ad un surplus di produzione a livello mondiale.

È però stato sufficiente soltanto ventilare l’ipotesi di taglio della produzione per dare il via alla solita, scontata e becera retorica che ciclicamente si ripete in queste circostanze: l’acciaio di Taranto è indispensabile all’economia d’Italia, del Sud.

Fior di giornalisti, economisti, opinionisti, industrialisti, sindacalisti, ministri e tuttologi di ogni tipo utilizzano questo argomento per dare sfogo alle loro mistiche visioni di un’Italia che sembra reggersi quasi esclusivamente sul nostro acciaio.

Come faremo a produrre automobili, lavatrici, viti, bulloni? Come potremo più costruire palazzi, navi e aeroplani? Sarebbe una tragedia nazionale chiudere addirittura l’ex Ilva.

Migliaia di operai inoltre farebbero la fila alla Caritas e Taranto diventerebbe probabilmente una città fantasma, tipo Cernobyl, in cui fame, carestia, inquinamento senza bonifiche farebbero fuggire i residenti.

Più o meno questo è il copione che ci viene ripresentato ogni qualvolta si riparla di chiusura dell’ex Ilva.

Siamo ormai talmente abituati a questa litania sulla nostra “amata” industria che ci passa quasi la voglia di controbattere.

Ma lo facciamo ancora una volta con gran fatica e quindi ribadiamo quanto scritto su questo sito tante altre volte: Taranto ha già dato!

– L’inquinamento di suolo, mare e falda è a livelli improponibili.
– Il rischio sanitario è alto e morbilità e mortalità per malattie legate all’inquinamento sono oltre i limiti accettabili.
– L’acciaio non porta attualmente benefici economici significativi alla comunità tarantina. Il reddito pro capite è simile a quello delle altre città del sud e la disoccupazione e il ricorso alla cassa integrazione sono da noi addirittura più alti.
– Taranto non ha vocazione industriale. Al contrario l’industria limita e condiziona lo sviluppo sostenibile.
– La riconversione economica della città presuppone un piano di sostegno del governo che garantisca piena occupazione dei lavoratori ora impegnati nel siderurgico.
– L’acciaio utilizzato in Italia proviene solo in minima parte da Taranto. Arcelor Mittal produrrà quest’anno solo 4-5 milioni di tonnellate di acciaio sui circa 26 milioni del fabbisogno nazionale.
– Un piano simile a quello che potrebbe riconvertire Taranto è già stato applicato a Genova.

Già queste poche considerazioni smontano qualunque retorica dei difensori dell’industria a tutti i costi.

Giuseppe Aralla

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