Rivoluzione Green: ambientalisti non fatevi fregare dai politici

Vecchi tromboni della politica che parlano di svolta ecologista dei Paesi industrializzati; gente che non si è neanche mai sporcata le mani per piantare i gerani sul balcone e che mangia solo costata di vitellino si dichiara ambientalista convinta: è la nuova strategia dei potenti per la distrazione di massa e per il rilancio economico in salsa green.

Fa specie vedere i potenti del mondo, che non ci pensano due volte a imporre il proprio dominio sui popoli a suon di proiettili all’uranio impoverito o ad aumentare il proprio potenziale atomico, che auspicano per il 2050 una riduzione delle emissioni di CO2.

È evidente che la new green deal, tanto annunciata e sponsorizzata dai governi delle maggiori potenze industriali del mondo, è un affare che, in barba a chi la inquadra in un ambito di decrescita felice, potrebbe smuovere la stagnazione economica appiattita da schemi produttivi ormai decotti.

In questi giorni di enfasi ambientalista, grazie soprattutto ad una ragazzina di nome Greta, aumenta in modo esponenziale il valore delle azioni delle società quotate in borsa legate al green: industrie di pannelli solari, eolico, auto elettriche.

Dall’essere una minaccia per la crescita economica e per il PIL mondiale, la rivoluzione verde è divenuta un’opportunità di sviluppo.

Se fino a qualche anno fa la salvaguardia dell’ambiente sottintendeva a modelli economici regressivi che in qualche modo avrebbero dovuto contrastare globalizzazione e potere delle multinazionali, oggi non è più così.

Addirittura, nelle stanze del potere, si tende ormai a non utilizzare neanche più l’aggettivo “sostenibile”, quando si affianca al termine sviluppo.

Lo sviluppo deve esserci e deve essere un’opportunità per migliorare l’ambiente: questo il nuovo motto enunciato in un politichese che fa l’occhiolino a chi vorrebbe salvare il mondo.

L’ambientalismo è stato sdoganato e diventa tema della politica. Persino il sindaco del più sperduto ed arretrato paesino d’Italia starà prendendo ripetizioni di ecologia, perché dovrà anch’egli contribuire a contrastare l’effetto serra e migliorare la raccolta differenziata.

Tanto entusiasmo da parte dei giovani che finalmente si accostano alle problematiche reali della nostra società. Ambiente ed ecologia sono infatti temi complessi che richiedono conoscenze abbastanza approfondite sul mondo reale.

Nelle scuole, laddove vi siano insegnanti sufficientemente preparati e sensibili a questi argomenti, vi è la possibilità di sviluppare percorsi didattici multidisciplinari, abituando gli studenti a modelli di pensiero meno lineari di quelli stimolati dell’insegnamento tradizionale.

Ambiente ed ecologia formano i futuri cittadini più di ogni altra materia di studio.
Tutto bene quindi? Forse no. Il pensiero ambientalista, per decenni sinonimo di rispetto per l’ambiente e di attuazione di modelli di vita piuttosto controcorrente, verrà probabilmente imbrigliato in uno schema ambientalista globalizzante.

Sarà la politica a dirci cosa è utile e cosa non lo ėė pe salvare il Pianeta. L’etica dell’ambiente potrebbe divenire pensiero dominante e conforme, chissà se davvero utile a salvare il mondo e non piuttosto a creare nuovi cittadini-consumatori.

Questo rischio sarà maggiore qualora la scuola non dovesse riuscire a formare al meglio gli studenti.