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Protesta di Greenpeace a Bruxelles: “Vota NO agli allevamenti intensivi”

Un gigantesco maiale in gabbia e uno striscione con la scritta “Vota NO agli allevamenti intensivi” davanti al Parlamento Europeo hanno accolto, stamattina, gli europarlamentari al loro arrivo al PE a Bruxelles. Gli attivisti di Greenpeace che hanno manifestato oggi, alla vigilia del voto che deciderà il futuro dell’agricoltura in Europa, chiedono ai membri della Commissione Agricoltura del Parlamento Ue una scelta chiara tra aziende ecologiche e allevamenti intensivi.

Il 2 aprile, infatti, la Commissione voterà un piano per riformare la Politica Agricola Comune (PAC), comprese le norme che regolano i sussidi pubblici per il settore zootecnico. Greenpeace chiede agli europarlamentari di tagliare i fondi pubblici agli allevamenti intensivi e di sostenere la transizione verso un modello di agricoltura ecologica e rispettosa del clima.

«Gli europarlamentari si trovano davanti ad una scelta evidente: sostenere le aziende ecologiche o il sistema degli allevamenti industriali che inquina l’ambiente, contribuisce al riscaldamento globale e spinge le piccole realtà fuori dal mercato. Il denaro pubblico dovrebbe sostenere le aziende nella transizione verso modelli produttivi ecologici e smettere di finanziare gli allevamenti intensivi», dichiara Federica Ferrario Responsabile Campagna Agricoltura di Greenpeace Italia.

Tra il 2005 e il 2013 l’Unione europea ha perso 3,7 milioni di aziende agricole, un calo che diventa ancora più drastico nel settore zootecnico, con una perdita del 32 per cento. Lo stesso trend si riscontra in Italia: tra il 2004 e il 2016 hanno chiuso oltre 320 mila aziende (un taglio del 38 per cento) ma il numero di quelle grandi e molto grandi è aumentato di un quarto. Nello stesso periodo, la produzione di bestiame è aumentata concentrandosi nelle imprese di grandi dimensioni da cui proviene il 72 per cento degli animali allevati in Europa.

«Le aziende agricole di piccole dimensioni stanno scomparendo a ritmi allarmanti insieme ai loro prodotti di qualità», avverte Ferrario. «Se si vuole davvero tutelare il nostro Made in Italy è ora di utilizzare il denaro pubblico per sostenere le piccole aziende che producono in modo sostenibile, invece di aiutare le grandi a diventare sempre più grandi. Chiediamo agli europarlamentari italiani di fare la scelta giusta», conclude.

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