Dall’Ilva ad ArcelorMittal: a Taranto si può parlare di “indietro tutta” o no?

Ilva - tamburi

L’occasione per trasformare Taranto c’è stata e forse è già passata. Per la prima volta avevamo, infatti, un governo a trazione meridionalista con la forza di maggioranza relativa che aveva un programma elettorale molto in sintonia con gli ideali e gli obiettivi del mondo ambientalista, tanto da inglobarlo da un punto di vista elettorale.

Sottolineo avevamo, perché in pochi mesi tutto si è trasformato. La locomotiva del governo che doveva a rigor di logica essere rappresentata dal M5S si è trasformata in un vagone merci trainato dalla Lega che non sposa di certo l’idea del cambiamento economico e produttivo più indirizzato all’ecosostenibilità ambientale.

Taranto sarebbe potuta davvero divenire un laboratorio del cambiamento, rappresentando magari un modello a livello nazionale e forse europeo. Gli ingredienti c’erano tutti per tentare il miracolo che aspettavamo da decenni: economia compressa su un modello industriale monolitico e antiquato, crisi dell’occupazione, degrado urbano, inquinamento diffuso, emergenza sanitaria e soprattutto tante potenzialità inespresse.

Idee e progetti di trasformazione di Taranto ne sono stati elaborati tanti e di questi molti interessanti e meritevoli di approfondimento. Bisognava renderli attuabili attraverso una governance all’altezza, fatta di persone capaci e grazie ad idonei investimenti economici.

Università, zona franca, bonifiche, porto, piccola imprenditoria, storia e patrimonio archeologico, turismo, enogastronomia, mare, territorio circostante, borgo antico e chissà quanto altro ancora potevano essere occasioni di crescita e trasformazione per la città, con l’obiettivo di migliorare occupazione, salute, livello culturale e qualità di vita degli abitanti.

Tutto questo si poteva fare solo con una decisa azione di governo. Troppo radicato l’attuale modello economico di Taranto e troppo difficile sperare che il cambiamento possa avvenire grazie alle sole forze politiche e imprenditoriali locali che comunque non si sono mai mostrate all’altezza della gravità della crisi cittadina.

La grande industria poi, seppur fisicamente incidente sul territorio, ha diramazioni e interessi tentacolari, tanto da divenire per decreto “attività di interesse strategico nazionale”. Impossibile riconvertire Taranto e la sua economia senza avere ripercussioni a Genova, nelle manifatture del Nord, nel sistema di distribuzione e raffinazione del greggio della Basilicata.

Ci sarebbe voluto un gran coraggio da parte di questo governo e soprattutto di quella parte politica più vicina alle istanze del nostro territorio per iniziare un vero progetto di trasformazione. Ci si è invece accontentati del minimo: miglioramento del piano ambientale, parziale risarcimento economico, avvio di qualche progetto legato alla ricerca e di qualche altro vantaggio per la città per adesso soltanto vagamente promesso. Nulla che possa davvero cambiare volto ed economia ad una città ormai esausta. Resteremo città quasi esclusivamente industriale e le prospettive future non sono migliori delle attuali.

Se, come sembra, un partito come quello della Lega diventerà sempre più forza dominante di governo, non ci saranno proprio i presupposti per il cambiamento. Il Sud diventerà sempre più marginale per l’economia nazionale e l’industria tarantina tornerà ad essere la “cattedrale nel deserto” come negli anni ‘60 e rappresenterà di nuovo una delle poche attività capaci di garantire occupazione e reddito a chi continuerà a risiedere nel territorio. Il gusto del cambiamento lo abbiamo solo immaginato, come un bambino immagina il gusto di una torta in vetrina.

Giuseppe Aralla

Il bello di Inchiostroverde.it sta nel fatto che siamo una redazione sempre aperta al dialogo e al confronto, anche a quello interno. Ho letto con attenzione l’articolo elaborato dal nostro Giuseppe Aralla e comprendo il suo punto di vista. Anche lui, come numerosi tarantini, è indignato per il mancato rispetto di promesse e impegni assunti anche fino all’ultimo giorno di campagna elettorale sui temi ambientali. Eppure, sento il dovere di aggiungere un’altra visione. L’attacco sistematico a M5S da parte di media e avversari politici sta diventando, spesso, privo di lucidità.

Si tratta di un Movimento ancora molto giovane, privo del radicamento e della solidità di altri partiti di lungo corso. Pur avendo preso il 32% dei voti alle ultime elezioni politiche, non aveva, non ha e mai avrà i numeri necessari per imporre in Parlamento provvedimenti fedelmente coerenti con i suoi principali cavalli di battaglia sul fronte ambientale.

E’ vero che la Lega di Salvini dà l’idea di spadroneggiare a livello governativo, ma come potrebbe essere il contrario? Ha un vantaggio psicologico enorme rispetto a M5S: in caso di crisi di Governo, andrebbe al voto anticipato con la sua vecchia coalizione di centro-destra per far fruttare il consenso – secondo i sondaggi – crescente che ha maturato in questi mesi grazie soprattutto alla sua narrazione sul tema migranti.

Non ha molti spazi di manovra M5s. Senza l’alleanza con la Lega è tagliato fare da qualsiasi esperienza di governo. Col Pd non può esserci alcun dialogo perché entrambi i soggetti politici si contendono lo stesso serbatoio di voti a sinistra e sono divisi da rancori mai sopiti. Di Maio e Company fanno quel che possono e manifestano un eccesso di improvvisazione. Per qualcuno annaspano o arretrano. Ma hanno un grilletto sulla tempia: la mancanza di alternative all’alleanza giallo-verde. O stanno al Governo con questo “diavolo” di Salvini o si devono rassegnare al ruolo di una sterile e isolata opposizione.  A vita.

Poi si può anche considerare un tradimento mortale quello compiuto sull’Ilva di Taranto (su chiusura e riconversione), ma se la vicenda fosse stata gestita soltanto da Calenda e soci sarebbe andata meglio? E se si desse il tempo a questa anima (ancora incerta e acerba) del governo di crescere e maturare, forse non ci sarebbe la possibilità di sperare in provvedimenti meno impattanti per l’ambiente e la salute di quelli auspicati e promossi da Pd e Forza Italia per decenni? Una domanda che poniamo anche ai nostri lettori. Il confronto è aperto, ma evitiamo gli insulti! Siamo anche per l’ecologia delle parole.

Alessandra Congedo