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Indotto Ilva in stallo: non c’è pace per i 67 lavoratori Cemitaly di Taranto

Non c’è pace per i 67 lavoratori Cemitaly di Taranto. Già rischiarono di tornare a casa alla fine del 2017, e furono “salvati” con la proroga degli ammortizzatori sociali. Adesso la questione si ripropone: la società del gruppo Italcementi (che ha acquisito le aziende del gruppo Cementir) ha infatti avviato la procedura per il licenziamento, entro l’anno, dei dipendenti dello stabilimento. Procedura che anticipa la definitiva chiusura del sito industriale. L’unica possibilità per un ripensamento, ha dichiarato Cemitaly, sarebbe la presenza di nuovi ammortizzatori sociali, che però attualmente non sono previsti.

“C’è una probabilità per venirne fuori, ed è data dalla possibilità che l’attuale governo proroghi i regimi di cassa integrazione per le aree di crisi industriale complessa come Taranto, che ha consentito di fronteggiare tutta la crisi della Cementir”, spiega il segretario Fillea Cgil provinciale Francesco Bardinella: “Un mese fa abbiamo scritto ai parlamentari Cinque Stelle eletti a Taranto proprio per coinvolgerli e sensibilizzarli, ma a oggi non abbiamo ricevuto uno straccio di risposta”. Da tempo l’ex Cementir di Taranto ha dismesso parte delle funzioni produttive, già il vecchio gruppo proprietario aveva dichiarato la sua intenzione di dismettere il sito. Chiusa infatti l’area a caldo, l’impianto è da molti mesi solo un centro di macinazione. Viene trattato un semilavorato acquistato da terzi unitamente alla loppa degli altiforni Ilva. Ciò consente di realizzare prodotti specializzati e altamente tecnici come i cosiddetti cementi di altoforno.

“Dall’avvio della procedura, partita lo scorso 10 ottobre, abbiamo ora 45 giorni di tempo a disposizione”, aggiunge Bandinella: “Una disponibilità dell’azienda c’è. Manca però il segnale più importante, quello del governo, circa il rinnovo della cassa integrazione”. L’attuale cassa per i 67 dipendenti (divisi in 57 tra operai e intermedi e 10 tra impiegati e quadri) durerà fino al prossimo 21 dicembre. Un vertice al ministero del Lavoro per vedere come procedere è fissato per martedì 23 ottobre.

Nato nel 1964 a seguito dell’avvento dell’allora Italsider pubblica, e sempre di proprietà del gruppo Caltagirone, Cementir ha prodotto cemento utilizzando fra l’altro la loppa, un sottoprodotto degli altiforni nella lavorazione della ghisa. Negli ultimi anni, a seguito della crisi di settore, l’occupazione si è progressivamente ridotta: Cementir, che inizialmente aveva messo in cantiere un piano di ammodernamento e rilancio del sito di Taranto, lo ha poi annullato tenendo lo stabilimento così com’è ora, dopo aver dismesso l’area a caldo.

La Cemitaly in un comunicato ha evidenziato “l’impossibilità di rifornirsi di loppa d’altoforno dal limitrofo stabilimento Ilva, verificatasi nel 2018, nonché l’impossibilità di reperire sul mercato tale materia prima a costi sostenibili”. Questa condizione ha “determinato la sospensione a tempo indeterminato di tutte le attività di produzione sviluppate nello stabilimento di Taranto”. Ha poi, più in generale, rimarcato “la situazione di gravissima recessione verificatasi in Italia negli ultimi anni e tuttora perdurante”, situazione che “ha duramente coinvolto il settore dell’edilizia, determinando una significativa contrazione della domanda di materiali da costruzione e quindi anche della domanda di cementi”. A causa della crisi, conclude la nota, la società “ha dovuto adeguare l’offerta alla domanda, programmando una riduzione delle produzioni e attuando una pluralità di azioni mirate al contenimento dei costi e ai recuperi di efficienza”. (Fonte: http://www.rassegna.it/)

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