“Stiamo avviando uno studio e stiamo dunque cominciando a raccogliere le placente da donne che hanno partorito e che provengono dal rione Tamburi di Taranto, il più esposto all’inquinamento dell’Ilva”. Lo ha annunciato Ernesto Burgio, membro dell’European Cancer and Environment Research Institute (ECERI) di Bruxelles, spiegando che lo studio ha lo scopo di rilevare l’influenza dei fattori inquinanti sui feti.
“Raccoglieremo anche le placente delle donne i cui figli sono invece nati a qualche chilometro di distanza dalla zona più inquinata. L’obiettivo – ha rilevato Burgio, intervenendo al convegno ‘Emergenza cancro’ promosso dalla Società italiana di medicina ambientale (Sima) – è identificare i nascituri più a rischio di sviluppo di malattie”.
“In ogni placenta di donna che vive nel nord del mondo – ha detto Burgio – sono identificabili ben 300 molecole tossiche. Le evidenze scientifiche ci dicono che tutto parte dalla vita in utero e dalle influenze sul feto in questa fase. Infatti – ha concluso -, ben un bambino su 100 nasce con una mutazione cromosomica pre-leucemica”. (ANSA)
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