Ilva, Di Maio e la città che si accontenta di poco

“Avremmo voluto annullare la gara vinta da Mittal ma non abbiamo potuto perché sarebbe stato contro legge e addirittura anti costituzionale”. Questo ormai il ritornello ripetuto in continuazione dal ministro dello Sviluppo Economico Di Maio e dai suoi parlamentari dopo la firma dell’accordo che ha sancito il prossimo passaggio di Ilva agli indiani.

Sono parole tipiche della peggior politica italiana, intrise di furbizia, mancanza di rispetto per i cittadini-elettori e indegne di un movimento che aveva sempre cercato di porre tutti i cittadini sullo stesso piano dei rappresentanti eletti nelle istituzioni.

Chi può mai credere che lo STATO non possa essere nella condizione di annullare una gara o trovare un modo per boicottarla? Così come è stato possibile per anni tenere in piedi una industria fuori legge a suon di decreti e provvedimenti speciali, si sarebbe potuto agire in direzione opposta, al fine di rendere sconveniente agli acquirenti l’acquisizione dell’acciaieria.

Per esempio, sarebbe già solo bastato revocare l’immunità penale di cui Mittal beneficerà fino a compimento del piano ambientale. Non Le crediamo caro ministro Di Maio, non ci ha convinti. E a rendere ancora più marcata l’impressione che ci sta raccontando una storiella è la fretta di compensare questo ennesimo insulto fatto alla nostra città con la promessa di una legge speciale per Taranto che porterà denaro e progetti di sviluppo.

I progetti di sviluppo e gli investimenti avremmo preferito vederli scritti su un piano di riconversione economica della città che prevedesse la chiusura delle fonti inquinanti. Di questo piano non vi è stata traccia in questi mesi e pensiamo che neanche Lei, ministro, l’abbia davvero ritenuto mai realizzabile.

Certo La comprendiamo da un punto di vista umano e intuiamo come sia difficile governare, molto più che fare campagna elettorale, ministro. Il PIL nazionale da sostenere, Confindustria che preme, i cinesi alle porte, pronti a sostituire il nostro acciaio, i genovesi incazzati, i sindacati preoccupati, i lavoratori col mutuo da pagare: ma come faceva a dormire la notte con questi pensieri?

E poi c’erano pure i parlamentari tarantini… C’è da credere che l’avranno assillata con questa fissazione della chiusura di Ilva, con piani B che le parlavano di Bilbao e Pittsburgh, con i dati sanitari di Taranto… Ma come faceva a sopportarli? La chiusura dell’accordo sarà stata una liberazione per Lei, ministro.

Si, certo, le proteste di qualche centinaio di tarantini porteranno un piccolo danno di immagine al suo movimento, ma stia certo che tra qualche mese tutto sarà finito nel dimenticatoio. Viva appieno il suo momento di gloria nazionale, ministro, senza neanche doversi per forza giustificare.

Ha visto? Perfino il Capo dello Stato si è dichiarato lieto del buon esito della trattativa, può davvero essere fiero del risultato raggiunto. Taranto continuerà a produrre acciaio, punto. Le proteste ci saranno, ma uno Stato forte e un governo legittimato dal grande sostegno popolare, non si lasceranno certo intimorire da qualche manifestazione di dissenso.

Addirittura, vedrà, non perderà neanche tanti voti a Taranto, Signor ministro. Se davvero farà arrivare un po’ di soldini in riva allo ionio, tanti saranno contenti. Ci faccia lustrare un po’ la città, faccia restaurare Palazzo degli Uffici, ci faccia aprire qualche sede universitaria anche di minore importanza, ci faccia pure pagare meno la benzina. Insomma, ci faccia sognare, Signor ministro. Ci accontentiamo di poco qui a Taranto e dimentichiamo facilmente le offese e le false promesse.