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Ilva, D’Amato (M5s): “I commissari diano certezze a Taranto”

Ilva strategica… ma per chi? Per chi la chiede in fitto e poi magari la compra e la chiude dopo averla spremuta definitivamente? Per chi ha a cuore solo le rendite di consenso? Per il Governo che non sa come dipanare questa matassa e tiene aperto un fronte per promuoversi (ma a Roma li hanno letti i risultati elettorali di Taranto, della Puglia e del Meridione?) al capezzale di Taranto?

Per le banche che aprono fidi e accumulano interessi?  Qualcuno abbia il coraggio di dire per chi Ilva sia oggi davvero strategica, visto che il mercato dell’acciaio si va spostando da tutt’altra parte e che la città che ospita lo stabilimento più grande d’Europa ormai è esausta e grida vendetta ogni giorno di più.

Certo, Ilva non è strategica per gli abitanti dei quartieri inquinati e tantomeno per i lavoratori che l’inquinamento lo subiscono doppiamente.  E non è certo strategica per i bilanci delle imprese locali, dei fornitori pagati a singhiozzo, se e quando pagati, e che dal 5 marzo sono di nuovo sul piede di guerra perché una volta l’indotto era sicuro: adesso è un appalto precario a fronte di buste paga e famiglie che attendono, mese dopo mese.

Se davvero lo stabilimento ILVA di Taranto rappresenta un’impresa strategica per la nazione, ciò che sta accadendo è alquanto inspiegabile. La gestione commissariale, infatti, mentre si continuano a perdere commesse importanti e clienti storici, accumula perdite su perdite anche perché la produzione è circa al 50% di quella potenzialmente raggiungibile.

Questa emorragia di denaro è ancora da leggere sul bilancio anche se alcune stime indicano un  rosso da 50 milioni di euro al mese. Si ha un’idea di cosa potrebbe fare a Taranto se si avessero a disposizione di 50 milioni di euro ogni mese?

Questo stato di sofferenza si ripercuote anche sulle ditte dell’indotto, come detto: si sentono abbandonate dalle logiche di mercato e dalla gestione delle commesse. Tutto ciò ai  commissari è noto, così come è meglio specificare che la legge sul loro operato non stabilisce che debbano seguire le direttive del Governo ma ottemperare a quanto previsto dal D.L. 61/2013: i commissari non rispondono di eventuali diseconomie dei risultati ai sensi dell’art. 2236 del codice civile ma a condizione di non aver agito con dolo o colpa grave.

Infine, un quesito legato ad un dubbio crescente: può un ufficio da Milano gestire la situazione complessa degli appalti dello stabilimento tarantino? Non c’è il rischio che si privilegino alcuni fornitori rispetto ad altri? Risponde al vero (e speriamo proprio di no!) la voce secondo la quale si starebbero approntando nuovi elenchi di fornitori di beni e servizi a fronte dei creditori che attendono da Ilva liquidazioni da lavori già fatti?

I commissari rispondano, auspichiamo la smentita di questi rumors. Le imprese tarantine meritano risposte, lo ripetiamo, e soprattutto va data loro la possibilità di crearsi un’alternativa alla grande industria: alcune ditte sono già fallite. Altre rischiano di fallire.

Per questo motivo bisogna pensare ad una riconversione economica dell’intera area tarantina. Il nostro piano è pronto: chiusura, bonifica, riconversione e lavoro. Presto presenteremo tutto pubblicamente, non prima di averlo condiviso con la città e le sue componenti sociali. Perchè il futuro di Taranto è strategico, si… ma senza l’Ilva.

Rosa D’Amato – Eurodeputata del Movimento 5 Stelle
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