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Bonifica del Sin di Taranto, l’ultimo rapporto del Ministero conferma la lentezza

TARANTO – In Italia si inquina tanto e si bonifica poco. Potrebbe essere forse un luogo comune dei soliti malpensanti che non perdono occasione per denigrare il  Bel Paese. E invece, questa affermazione deriva da ciò che lo stesso Ministero dell’Ambiente mette nero su bianco nella Relazione di dicembre 2017 sullo “Stato delle bonifiche” nei S.I.N (siti di interesse nazionale).

Circa 40 siti, sedi di industrie in attività oppure ormai chiuse che hanno pesantemente inquinato terreni e falde sottostanti, tanto da aver richiesto leggi o decreti ad hoc che stabilissero un cronoprogramma di interventi volti alla bonifica delle aree interessate ai superamenti del CSC (concentrazione soglia di contaminazione). 40.000 ettari complessivamente o, se rende meglio l’idea 400 Km2, un’area decisamente grande e gravemente compromessa.

Il SIN di Taranto non è in assoluto il più vasto, ma si pone comunque ai primi posti per estensione con i suoi 4383 ettari (senza considerare il Mar Piccolo) e per il livello di contaminazione di suoli e falda.

I suoi confini furono stabiliti con Legge n. 226/98 e Decreto del 10/01/2000 e comprende praticamente tutta l’area industriale, quella portuale, alcune discariche e una parte della Salina Grande. Non rientra nel SIN il rione Tamburi, malgrado ci siano evidenze di inquinamento delle aree non pavimentate.

Secondo quanto riportato nel Rapporto del Ministero, in quasi nessuno dei circa 40 SIN sono state portate a termine le operazioni di bonifica e questo malgrado siano passati ormai oltre quindici anni dall’istituzione di tantissimi di essi.

In alcuni casi, addirittura, non è terminata neanche la fase delle caratterizzazioni che è il primo passo per ottenere una conoscenza completa dello stato di compromissione di suoli e falda. La situazione di Taranto è particolarmente critica e lo dimostra il fatto che neanche la metà del SIN ha subito la caratterizzazione di suolo e falda e solo l’8% ha visto il completamento delle opere di bonifica.

Rispetto ad un anno fa non si notano significativi avanzamenti dei lavori. Comprendiamo che parte delle aree da bonificare siano comprese nei confini di Ilva e che l’incertezza delle procedure di passaggio di mano al privato non abbia agevolato l’iter delle bonifiche (complicatissimo rompicapo che qualcuno potrebbe chiarire), ma tutto il resto?

Come mai si procede tanto a rilento? Dal completamento delle bonifiche dipende in assoluto l’eventuale miglioramento dello stato di salute del Mar Piccolo, considerando che in esso scarica gran parte della falda che attraversa l’area industriale.

Sono anni che leggiamo titoloni che annunciano l’inizio delle bonifiche a Taranto e l’arrivo di finanziamenti specifici, ma oggettivamente, lo scriviamo con rammarico, Taranto è rimasta inquinata come e forse più di venti anni fa nel suolo e nella falda. Suolo e falda inquinati non sono elementi inerti, ma in cento modi diversi aumentano il livello di rischio per noi cittadini che nel micro mondo SIN e dintorni orbitiamo.

Giuseppe Aralla

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