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“Extraterrestre, portami via” – Taranto e l’Ilva raccontati ad un alieno

TARANTO – Se un alieno venisse improvvisamente paracadutato nel rione Tamburi si chiederebbe: in quale pianeta infernale sono finito? Penserebbe a quanto sia assurdo chiudere le finestre di casa per difendersi dall’aria, quel bene così prezioso e vitale che le polveri dell’Ilva rendono nocivo e mortale.

E poi si chiederebbe come sia possibile vivere ad un tiro di schioppo dalle ciminiere e come sia tollerabile la presenza di un mostro industriale abnorme affianco ad un centro abitato, che lì già stava, molto prima che qualcuno strappasse i primi ulivi dal terreno per fare spazio agli impianti del Siderurgico.

Lo stesso alieno si mostrerebbe perplesso anche davanti alla necessità di tenere le scuole chiuse e negare quindi il diritto allo studio a dei bambini e a dei ragazzi a cui il diritto alla salute è stato negato già dal loro concepimento. Per l’alieno, proveniente da chissà quale sistema solare, sarebbe una scoperta sensazionale e un pizzico avvilente. Soprattutto se dovesse provenire da un pianeta dal clima e dall’aspetto meno gradevole del nostro.

“Taranto è questa – gli spiegherei – una città che invece di pretendere contropartite consistenti e, soprattutto, dignitose al sacrificio reso sull’altare del profitto e degli interessi nazionali, ha chinato il capo ed arretrato il suo baricentro, negando a se stessa il diritto a risplendere di luce propria e sviluppare tutti i suoi talenti. Si è atrofizzata e svuotata delle migliori energie convincendosi di poter offrire solo una cosa: manodopera per la grande industria inquinante.

E la cosa più assurda, caro alieno, è che questa terra non è capace di guardarsi dentro ed intorno, di cogliere e far fruttare la bellezza di cui dispone. Non sa unire le forze per inseguire un traguardo di riscatto che sia positivo per tutti – cittadini e operai – senza alcuna distinzione. E allora si divide su tutto, anche sul percorso da intraprendere per uscire dal tunnel di un’industrializzazione cinica e miope, ben incastrata in un sistema di ricatti e vantaggi economici, occupazionali e politici.

Quando ho cominciato a scrivere di ambiente per il TarantOggi, quasi quindici anni fa, ero spinta da una ingenua e appassionata voglia di informare su temi ancora poco noti alla gente comune e contribuire, nel mio piccolo, ad accrescere la consapevolezza sul disastro sanitario che stava logorando la nostra comunità.

Mi illudevo, forse, che quelle pagine già intrise di “inchiostro verde” facessero propagare i germogli di una presa di coscienza collettiva che ci avrebbe condotto, nel tempo, ad un Exit Strategy dal tunnel dei veleni.

Ho sperato che l’azione della magistratura, divenuta clamorosa nell’estate del 2012, riuscisse a imprimere una svolta nel cammino della nostra città, ma anche quella speranza si è resa vana. Così come vano è stato l’auspicio che le varie anime ambientaliste si unissero, trasformando tante isole in arcipelaghi.

Anche l’ultima campagna elettorale amministrativa, caro alieno, ha messo i portavoce delle istanze ambientaliste l’uno contro l’altro, a tutto vantaggio delle solite coalizioni di centro-destra e centro-sinistra, più coese ed abili nel maneggiare gli anelli deboli del corpo elettorale.

Oggi, caro alieno, ci ritroviamo nel caos totale: due enti (Comune e Regione) che hanno scelto e indicato la strada della “decarbonizzazione” dell’Ilva come panacea di tutti i mali (senza che però la comunità ionica si sia mai espressa in tal senso), un fronte “green” ed M5s che vira verso la chiusura delle fonti inquinanti e la riconversione economica (con il reimpiego della forza lavoro in altre attività), e un fronte governativo – supportato da un altro ente locale (Provincia) – che segue il solco tracciato da anni: l’ambientalizzazione degli impianti Ilva con interventi che dovrebbero rendere la fabbrica meno pericolosa.

E dietro ogni parola spesa in tv e sui giornali sembra esserci un interesse (elettorale, politico, propagandistico) più o meno intuibile. Così, mentre veniamo sommersi da tweet e ricorsi al Tar, annunci solenni e ricatti ben orchestrati, i cittadini di Taranto continuano ad essere gli impotenti e spesso distratti spettatori di un film la cui sceneggiatura è, come sempre, scritta da altri.

E’ difficile, in un quadro così controverso e caotico, prendere una posizione, esprimere un preferenza per l’uno o per l’altro contendente, distinguere i buoni dai cattivi. E viene quasi nostalgia dei tempi in cui la lotta ambientalista era solo agli albori e i veri alieni, forse, erano quelli come me”.

Alessandra Congedo

Direttore responsabile - Laureata in Scienze della Comunicazione all'Università del Salento con una tesi di laurea dal titolo “Effetti della comunicazione deterministica nella dicotomia industria/ambiente”, incentrata sulla questione ambientale tarantina. Ha collaborato con il TarantOggi, Voce del Popolo, Nota Bene, Radio Cittadella (SegnoUrbano On Air), Corriere del Mezzogiorno, Manifesto. Ha curato l’ufficio stampa del WWF Taranto per il progetto “Ecomuseo del mar Piccolo”. Il 21 novembre 2013 è stata premiata nella categoria “Giornalismo” nell’ambito della Rassegna Azzurro Salentino. Ha partecipato a "Fumo negli occhi", documentario sull'Ilva e sull'inchiesta "Ambiente Svenduto".

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