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Ilva, Legambiente: vogliamo la garanzia che i drammi del passato non si ripetano

 “Se per il passato ci interessa avere giustizia, e questo è un compito affidato alla magistratura, per il futuro di Taranto quello che serve è evitare che le attività industriali possano provocare nuovi danni alla salute e all’ambiente.  Per questo chiediamo modifiche importanti al Piano Ambientale Ilva, modifiche  che diano a cittadini e lavoratori la garanzia che i drammi del passato non si ripetano in futuro”, ha dichiarato Lunetta Franco,  presidente di Legambiente Taranto, intervenendo oggi al Convegno della CGIL sulla Vertenza Ilva e apprezzando la posizione assunta dalla FIOM CGIL nel porre al centro della vertenza  la difesa del lavoro insieme a quella della salute e dell’ambiente.

 “Per farlo occorre affrontare  i nodi  che la nuova Autorizzazione Integrata Ambientale ha lasciato aperti: la mancanza di una preventiva valutazione d’impatto sanitario, che resta l’elemento dirimente, l’assenza di introduzione di nuove tecnologie produttive, diverse dal ciclo integrale, l’incremento dei tempi di realizzazione delle opere prescritte rispetto al precedente Piano Ambientale,  a partire dalla copertura dei parchi minerali e dal rifacimento delle cokerie, l’introduzione di nuove misure per mitigare l’impatto dei wind days. Dal Tavolo negoziale su Taranto ci aspettiamo vengano risultanti importanti senza i quali gli esiti della vicenda Ilva sarebbero imprevedibili. Al Governo, poi, chiediamo risposte immediate sul tema delle bonifiche.  Ci sono centinaia di milioni disponibili, rivenienti dalla transazione con la famiglia Riva: vogliamo sapere  dove, come, quando questi soldi verranno spesi”, ha aggiunto la presidente di Legambiente Taranto.

“Le vicende dell’Ilva sono piene di promesse e di accordi non manutenuti: non si può chiedere a nessuno di avere fiducia a priori.  Né si può chiedere di attendere in silenzio  una valutazione del danno sanitario che, a posteriori, confermasse quello che già oggi sappiamo circa i possibili rischi per la salute che permarrebbero a fronte di una produzione superiore ai sei milioni di tonnellate annue di acciaio ottenuta dal solo ciclo integrale e che, magari fra altri dieci anni, dia origine alla contestazione di nuovi reati ambientali e a nuovi processi penali”, la conclusione del suo intervento.

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