Le memorie, il sogno del boom economico, la privatizzazione, il rapporto con la politica e la magistratura, il processo e la questione ambientale. Tutta la fabbrica tarantina e il suo rapporto con la città si ritrovano in un libro edito da Meltemi (Milano 2017) che racconta appunto de “La Fabbrica. Memoria e narrazioni nella Taranto (post) industriale” della ricercatrice Marta Vignola.
Il libro sarà presentato ufficialmente a Taranto il prossimo venerdì 24 novembre a partire dalle 18 nell’aula di rappresentanza di Palazzo Pantaleo alla presenza dell’autrice, dell’assessore alla cultura del Comune di Taranto Franco Sebastio, del direttore generale della ASL Stefano Rossi e del segretario generale della CGIL, Paolo Peluso.
Quasi una ricerca sociologica che abbiamo sostenuto con forza – spiega Paolo Peluso, spiegando il contributo dato all’indagine condotta dalla ricercatrice dell’Università del Salento, fornito dalle categorie della Funzione Pubblica e del sindacato pensionati della CGIL – consapevoli del fatto che l’analisi di quel fenomeno può essere la migliore lettura e la base di ragionamento anche per l’ILVA di oggi e per il modello di sviluppo che verrà.
La Fabbrica dunque prova a dare un contributo al dibattito che oggi attorno a quell’insediamento industriale si sviluppa. La retorica sviluppista si è conclusa, il mito della società industriale si è consumato. Ma cosa resta? – dice Marta Vignola – La situazione attuale non è un “dopo l’industrializzazione”, ma un convivere con i suoi resti e le sue eredità. La storia di Taranto ci parla di capitalismo e modernizzazione, memoria sociale e identità collettiva, diritti umani e ambiente.
Una città che ha “subito” lo sviluppo dalla fine dell’Ottocento con l’insediamento dell’Arsenale e della Marina militare, e poi agli inizi degli anni Sessanta con la costruzione del polo siderurgico “Italsider”, oggi Ilva. In entrambi i casi si è trattato di una forma di colonialismo industriale ed eterodiretto dallo Stato con il beneplacito dei gruppi economici e delle élite politiche locali. Taranto rappresenta il naufragio di un modello di sviluppo novecentesco che ha sacrificato non soltanto paesaggi ma vite umane – “morti di progresso” – per il sogno mai compiuto di una crescita economica, culturale e sociale.
Marta Vignola è avvocato e docente di criminologia dell’Università del Salento. È stata visiting researcher presso l’ Université Libre di Bruxelles e l’Universidad Complutense di Madrid. Ha svolto lunghi periodi di progettazione e ricerca in America Latina. I suoi ultimi lavori sono rivolti al nesso tra rivendicazioni collettive dei diritti umani e il mutamento sociale e giuridico che le stesse producono, sopratutto attraverso il ruolo svolto dalla memoria.
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