Ilva, ArcelorMittal: sconcerto per la decisione di non aprire il tavolo

ArcelorMittal (Bbc)

La delegazione dei vertici di ArcelorMittal, la cordata in procinto di rilevare l’Ilva, si è detta “sconcertata” dalla decisione di non aprire il tavolo, presa dal ministro dello Sviluppo Economico, Calenda. Decisione ritenuta “del tutto inattesa” dai vertici di Am InvestCo che si sono presentati al Mise “in tutta buona fede, sperando di avviare una trattativa che potesse però essere sostenibile da tutti i punti di vita compreso quello economico”.

“Siamo contrariati dal fatto che non abbiamo potuto iniziare la negoziazione con i sindacati – si legge in un comunicato – comprendiamo l’importanza dei livelli occupazionali per il Paese e infatti abbiamo mostrato flessibilità aumentando il numero degli occupati a 10.000 rispetto alla nostra offerta originaria”.

Ma come abbiamo avuto modo di scrivere nel pomeriggio (leggi qui), il governo ritiene carente la proposta degli acquirenti dell’Ilva su stipendi e inquadramento.  Il tavolo è stato fermato dal governo ancora prima di iniziare, una cosa abbastanza inedita – riferiscono altre fonti sindacali – dopo che lo stesso ministro Carlo Calenda ha definito “irricevibile” la proposta dell’azienda.

“Non possiamo accettare, come governo, nessun passo indietro sulle retribuzioni e sugli scatti acquisiti” ha detto il Ministro “in avvio di tavolo è stato chiesto alla società di confermare questi impegni. Questa conferma non è avvenuta e senza questa conferma il tavolo non si può aprire”. Di fronte al piano presentato dall’azienda al tavolo la risposta di Calenda è stata molto dura: “E’ molto importante che la vicenda sia gestita in maniera responsabile da parte di tutti ma mi pare che questa responsabilità da parte dell’azienda non ci sia”.

A questo punto il governo chiederà al consorzio di Am Investco di tornare dai sui azionisti e mettere a punto una proposta migliorativa. “La posizione del governo è che si parte dalla proposta che era stata fatta nel bando di gara – ha dichiarato il viceministro Teresa Bellanova – si parlava di un costo di 50mila euro medio a lavoratore e quindi rispetto alla proposta che è stata avanzata nella comunicazione alle organizzazioni sindacali, si parla di una cifra più alta”.