Spesso criticata, a volte a ragione, troppo spesso per un ingiustificato pregiudizio e una scarsa conoscenza delle sue stesse istituzioni, l’Europa inizia finalmente a scuotere positivamente l’opinione pubblica, a cominciare da quella del Belpaese. Perché fa certamente notizia che tra Fondi strutturali e Fondo di solidarietà, dall’Unione europea arriveranno due miliardi e mezzo di euro per la ricostruzione delle zone terremotate.
Soldi che finiranno agli organi di governo italiani che dovranno spenderli per sostenere lo sforzo delle comunità colpite dal sisma del 2016 di tornare al più presto alla normalità. L’Aula di Strasburgo, durante la plenaria di settembre, ha dato il via libera al provvedimento di cui si è occupato, come relatore, l’eurodeputato Giovanni La Via.
“Vigileremo – ha detto il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani – affinché queste risorse finanziarie siano spese al meglio nell’interesse delle popolazioni duramente provate dal terremoto. Non sono finanziamenti a pioggia, ma un aiuto concreto per dimostrare che l’Europa sa corrispondere alle aspettative dei cittadini”.
Ma non ci sono solo i soldi, destinati questa volta a una causa certamente giusta, a legittimare una nuova apertura di credito nei confronti delle istituzioni comunitarie. Bruxelles, per bocca del presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker, ha detto chiaro e tondo che l’Europa è per le vaccinazioni, che si schiera dalla parte dei bambini e contro chi contesta metodo scientifico e risultati della ricerca. Una dichiarazione importante che sgombra il campo dagli equivoci e fa da sponda a quanti, nelle istituzioni come nella società europea, si stanno adoperando per promuovere programmi sanitari improntati alla tutela della salute e dell’interesse collettivo.
Sulla vicenda migranti, uno dei temi su cui l’Europa ha sicuramente molto da farsi perdonare, il clima sembra cambiato. Oltre ai 720mila rifugiati che l’anno scorso hanno ottenuto asilo nel vecchio continente, c’è da registrare non solo il sostegno economico all’Italia a cui è stato tributato il sacrosanto riconoscimento degli sforzi compiuti (“Ha salvato l’onore dell’Europa”, ha dichiarato Juncker durante il suo discorso sullo Stato dell’Unione tenuto all’Europarlamento) ma anche, e forse soprattutto, l’orientamento ad insistere con una gestione collegiale dell’emergenza migranti.
Perché tutti – ha sottolineato il numero uno di Palazzo Berlaymont – devono farsi carico di condividere la fase dell’accoglienza dei migranti. Un monito che suona come un severo richiamo, l’ennesimo, rivolto a quegli Stati membri dell’Est che fanno orecchie da mercante. Anche perché gli impegni si onorano e i pronunciamenti della giustizia europea si rispettano. Lo Stato di diritto, infatti, non è un optional ma uno dei pilastri dell’Ue a cui tutti devono attenersi. Come dire, insomma, che non saranno più tollerati atteggiamenti ostili al principio di solidarietà che regge il progetto politico europeo nel quale, nonostante molti limiti, si riconoscono ancora tantissimi abitanti del vecchio continente.
Altro punto debole dell’Ue su cui pare sia stata inaugurata una nuova stagione è la lotta al terrorismo. A parere del Commissario europeo agli Affari interni, Dimitris Avramopoulos, occorre creare un’unità europea di intelligence che assicuri che i dati sui foreign fighter e le informazioni sul terrorismo vengano condivise in modo automatico tra i servizi di intelligence europei, e con le autorità di polizia.
Esattamente ciò che è finora mancato. Ad ottobre sarà perciò presentato un pacchetto di misure pratiche per combattere il terrorismo mentre nei prossimi giorni Avramopoulos illustrerà il lavoro sull’Internet Forum per la lotta al terrorismo on-line ai margini dell’assemblea generale delle Nazioni Unite a New York alla presenza, tra gli altri, dei premier Gentiloni, May, e del presidente Macron.
Questa Europa, pur alle prese con mille contraddizioni, merita fiducia.
Sergio Pargoletti