Sono “non fondate” le questioni di legittimita’ sollevate dalla Regione Puglia sul decreto del 2016 riguardante il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del gruppo Ilva. Lo ha deciso la Corte Costituzionale che, con una sentenza depositata oggi, ha respinto il ricorso della Regione in cui si rilevava che “la disposizione censurata, nel dettare le modalita’ di modifica o di integrazione del Piano delle misure e delle attivita’ di tutela ambientale e sanitaria, adottato con un dpcm del 14 marzo 2014, avrebbe escluso il coinvolgimento della Regione interessata, anche nella sola forma tenue del parere non vincolante”.
Tale esclusione, secondo la Regione Puglia, violava alcuni articoli della Costituzione, nonche’ il “principio di leale collaborazione”. Secondo la Consulta, invece, “la natura di azienda di interesse strategico nazionale, le ricadute delle vicende che hanno riguardato lo stabilimento Ilva di Taranto sul piano occupazionale, ambientale, sanitario ed economico, la necessita’ di perfezionare le procedure di trasferimento a terzi delle attivita’ aziendali del gruppo Ilva in amministrazione straordinaria e di armonizzare la tempistica delle misure di tutela ambientale con l’autorizzazione all’esercizio d’impresa sono tutti elementi – si legge nella sentenza depositata oggi (ieri per chi legge, ndr) – che denotano la necessita’ di intervenire urgentemente in questioni di pubblica utilita’, con misure ‘ad hoc’, come del resto gia’ era avvenuto nel passato e come ritenuto da questa Corte con la sentenza 85 del 2013”. Alla luce di tali considerazioni, concludono i ‘giudici delle leggi’, “la nuova procedura di modifica e integrazione del Piano delle misure e delle attivita’ di tutela ambientale e sanitaria non appare priva di giustificazione sul piano costituzionale ne’, tanto meno, irragionevolmente discriminatoria”. (AGI)
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