Nell’ambito dell’inchiesta milanese sul presunto trasferimento all’estero di denaro dalle casse del gruppo siderurgico Ilva, oggi Adriano Riva ha rinunciato alla prescrizione e ha chiesto di patteggiare una pena più alta rispetto a quella che era stata bocciata dal gip nel febbraio scorso. Lo riferiscono fonti legali e giudiziarie, aggiungendo che la procura di Milano è favorevole alla richiesta, anche in vista della decisione del tribunale del Jersey sullo sblocco di 1,3 miliardi di euro, attesa per il prossimo 12 maggio.
Dopo che il gip lo scorso 14 febbraio aveva respinto le richieste di patteggiamento per Adriano Riva e i nipoti Fabio e Nicola per “assoluta incongruità delle pene concordate”, la procura a marzo aveva chiesto nuovamente il rinvio a giudizio per i tre imputati. Il primo patteggiamento aveva avuto l’ok della procura, dopo che la famiglia Riva aveva trovato un accordo con lo Stato per rinunciare a contenziosi sul ‘tesoretto’ di 1,3 miliardi di euro, da destinare alla bonifica ambientale dell’impianto di Taranto.
Dopo il no all’accordo, il gruppo Riva ha comunque confermato la volontà di collaborare i giudici di Milano e Taranto e con il governo per risolvere le problematiche Ilva. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 17 maggio. Il reato di trasferimento fittizio di beni si prescrive a fine maggio. La famiglia Riva era proprietaria del 90% della più importante azienda siderurgica, poi sottoposta all’amministrazione straordinaria dopo la crisi provocata anche da un’inchiesta della magistratura per disastro ambientale. (Reuters)
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