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“Vota Antonio, vota Antonio La Trippa”: a Taranto campagna elettorale da ridere (o piangere?)

TARANTO – “Vota Antonio, vota Antonio La Trippa”, direbbe l’indimenticabile Totò se fosse tra i candidati a sindaco di Taranto e sicuramente avrebbe più successo dei tanti improbabili pretendenti alla carica di primo cittadino che, giorno dopo giorno, allungano quella che sarà la già ricca scheda elettorale. Sicuramente batteremo il record delle amministrative del 2012 quando i candidati a sindaco furono undici e oltre ottocento gli aspiranti consiglieri.

Praticamente un candidato in ogni condominio, pronto a fare campagna elettorale perfino in ascensore, sfidando la diffidenza della signora Rosa del piano di sotto. Un esercito di procacciatori di voti armati di manifesti e santini da distribuire a parenti e amici, compresi i compagni di asilo rintracciati per l’occasione. “Ti ricordi di me? Eravamo nella stessa classe quarantacinque anni fa e so di poter contare sul tuo voto!”.

Saranno due mesi difficili quelli che ci dividono dalle elezioni: subiremo pressioni psicologiche di ogni genere e dovremo promettere il voto a più di qualcuno. Gli astuti candidati, tra l’altro, utilizzano ormai le più moderne tecniche di comunicazione che sfruttano il coinvolgimento inconsapevole del povero soggetto a cui estorcere la promessa di voto.

Ormai non si utilizza più la richiesta diretta ritenuta superata e controproducente: il candidato, in maniera apparentemente casuale, comincia per esempio a parlare del tempo che fa, di come non esistano più le mezze stagioni e della difficoltà di scegliere il vestito adatto da indossare con quel clima; quando la vittima si sarà tranquillizzata pensando di non trovarsi davanti ad un candidato…. zacc, arriverà inaspettata la richiesta, anticipata di un millisecondo da un gran bel sorriso d’occasione.

E una volta in trappola non ci sarà scampo per il povero elettore che dovrà sorbirsi l’enunciazione dei cinquanta punti del programma compreso piano urbanistico e rilancio delle periferie. E non pensiamo di cavarcela con un semplice “si”: il candidato ci scruterà nel profondo dell’animo, cogliendo eventuali inconsci segni di incertezza che potrebbero indicare una falsa promessa di voto che avrebbe come conseguenza la ripresentazione dei punti più significativi del programma già esposto.

Vere e proprie tragedie potranno inoltre svilupparsi quando in una famiglia capiteranno due o più candidati che tenteranno di accaparrarsi i voti di zie e nonni sfruttando il legame di sangue: il mancato voto verrà vissuto come un tradimento per sempre. Con l’avvicinarsi dell’11 giugno lentamente le nostre difese naturali cederanno, travolte dal moltiplicarsi delle richieste di voto.

Se all’inizio cercheremo in tutti i modi di evitare i presunti candidati ritenendo il voto espressione delle nostre intime convinzioni, col passar del tempo cederemo noi stessi al piacere delle lusinghe che essi saranno costretti a farci per imbonirci, arrivando addirittura, nell’immediatezza del voto, a intercettare noi stessi gli aspiranti consiglieri che saluteremo dicendo: “quasi quasi ti voto”. Un malevolo brivido di piacere ci attraverserà allora.

Giuseppe Aralla

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