TARANTO – A giorni sapremo quale società subentrerà alla gestione commissariale dell Ilva, concludendo quel processo alquanto tortuoso e per molti versi non del tutto trasparente iniziato con il sequestro degli impianti nel 2012 e caratterizzato dal pesante e determinante ruolo dello Stato che ha puntellato a suon di decreti un’azienda che altrimenti avrebbe avuto un destino ben diverso.
La scelta del gruppo che avrà nelle mani la gestione dell’impianto siderurgico coinciderà più o meno con la presentazione dei candidati alla carica di sindaco nella città che ospita l’industria più impattante d’Italia sotto il profilo ambientale. Taranto e Ilva sono chiaramente un binomio strettissimo in cui l’industria gioca un ruolo condizionante sotto il punto di vista economico, ambientale e sociale. Il processo “Ambiente svenduto” ci ha presentato un quadro abbastanza netto, a prescindere da quelle che saranno le decisioni dei giudici, di rapporti consolidati tra vertici aziendali e potere politico, con l’evidenza, in alcuni casi, di una vera e propria dominanza di uno sull’altro.
Sarà compito dei giudici stabilire se questo stato di cose sia stato determinato da pressioni improprie e quindi censurabili e noi ne riferiremo adeguandoci all’esito del processo. Più in generale, la grande industria sembrerebbe aver creato nei decenni scorsi una vera e propria rete di contatti e relazioni, magari formalmente lecite, con quella parte di società tarantina capace di condizionare l’opinione pubblica in tema di politiche industriali ed economiche.
Pezzi del giornalismo (a cominciare da quello locale), della politica, delle istituzioni pubbliche, della Chiesa, hanno spesso condiviso lo stesso tavolo con il potere industriale, stabilendo interferenze reciproche. Ma non solo questo: l’opinione pubblica è stata influenzata soprattutto dal ricatto occupazionale, in una città in cui l’industria ha monopolizzato l’economia.
Di fatto, l’impressione che aveva un osservatore esterno era di una scarsa neutralità, se non addirittura di una benevolenza, della “società che conta” nei confronti dell’industria e questo risultava assai sconveniente soprattutto se tale caratteristica si ritrovava perfino in chi doveva controllare il rispetto di determinati parametri ambientali e sanitari e decidere misure di contenimento delle emissioni inquinanti. Ed ora che succederà?
Dopo la gestione commissariale che a ragion di logica avrà interrotto qualunque contatto condizionante con i soggetti più influenti della società tarantina, un nuovo gruppo privato arriverà sulle rive dello Ionio. Avremo finalmente una rappresentazione diversa di controllati e controllori che eviteranno il ripetersi di situazioni già viste in passato? In questo delicato momento della vita politica tarantina sarà importante vigilare affinché tutti i candidati sindaco dimostrino la necessaria distanza dai soggetti privati che subentreranno nella gestione di Ilva evitando qualunque sospetto di vicinanza troppo stretta che, in caso di elezione, ci riporterebbe a ripercorrere storie già viste e nefaste per la nostra città.
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