Facebook e il Principe, il nuovo libro di Sergio Pargoletti

Governare il web per veicolare messaggi in grado di raggiungere ogni strato della società collegato alla rete o navigare nel grande archivio di internet e affidargli il messaggio in cerca di una sua collocazione e destinazione più efficace rispetto al contenuto. Ammesso che esista davvero. La differenza, in comunicazione, soprattutto quando è politica, è fondamentale. Nel mezzo ormai ci siamo quasi tutti: follower iperconnessi, haters che vomitano facile su qualunque post, troll messi lì a destabilizzare anche la più convincente tra le discussioni con l’intento di far crollare anche il più fermo dei contenuti, comunicatori preoccupati solo della tempestività e della massima condivisione. Una fauna senza fili che si muove liberamente in uno spazio infinito, social, dietro la tastiera di un pc o di un dispositivo mobile. In realtà sì con il mondo in una mano ma allo stesso modo e allo stesso tempo anche in mano al mondo, sempre raggiungibili, sempre reperibili, sempre chiamati a rispondere per non essere tagliati fuori.

Dunque sempre pronti alla mobilitazione. La teoria elaborata dal filosofo Maurizio Ferraris è il punto di partenza dell’analisi sulla comunicazione e la politica contenuta nel quarto libro del giornalista e scrittore tarantino Sergio Pargoletti. Facebook e il principe Appunti di politica e comunicazione al tempo di internet (Scorpione editrice, 2016) mette in relazione proprio le dinamiche che regolano il web, che ci vuole “attori e spettatori” anche della mobilitazione politica, e la politica stessa. La politica che si affida alla comunicazione e internet che la trasforma. “La rabbia sociale e il senso di frustrazione individuale” diventa “consenso politico elettoralmente consistente”. Nascono in rete – e Pargoletti cita l’esperienza del M5s – proposte politiche. La critica mossa a questa impostazione è un po’ la sintesi di un ragionamento che comprende non tanto il messaggio politico ma l’idea che accompagna il mondo dei like e delle condivisioni: bastano i click su un post a rappresentare la “volontà generale” e quindi a cambiare realmente le cose?

La tesi sviluppata in questo saggio, in cui trovano spazio numerosi riferimenti bibliografici di comunicatori e giornalisti e di intellettuali e studiosi come Ferraris, Eco, Ilvo Diamanti, Baricco, Giuseppe De Rita e Bauman, si allarga non solo al mezzo di diffusione, alla velocità con cui viaggia il messaggio verso pc e smartphone sempre connessi e pronti alla mobilitazione ma al contenuto politico, all’importanza del contenuto che prevale anche nell’era dei social media. Anche a dispetto dell’utilizzo che i politici fanno di Facebook e Twitter. Non sempre corretto, non sempre efficace. Viene da pensare al «drogato, fatti curare» con cui Gasparri liquida i tweet avversi, per esempio. Nel libro sono riportati numerosi esempi di questa trama che si intreccia e tocca anche la Tv, il regno del “Berlusionismo”. Ma è un’altra storia. In queste pagine si ripropone la centralità della politica, per richiamare il pensiero di Machiavelli, a livello nazionale e soprattutto europeo per superare gli effetti del neopopulismo e della propaganda xenofoba e antieuropea.

 

Nicola Sammali

Vicedirettore. Giornalista pubblicista e blogger. Ha conseguito la Laurea quinquennale in Scienze della Comunicazione all'Università degli studi di Perugia nel 2005. Ha lavorato per "SegnoUrbano", "Radio Cittadella", "Telerama". Ha scritto per "Alchimie" (web magazine). Collabora con "Terra Ionica". Twitter: @NicSammali81 - E-mail: nicsamma81@gmail.com

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