Hanno la testa dura, ognuno a modo suo, i due protagonisti di «Capatosta», la pièce della storica compagnia teatrale di Taranto, Crest, sulla questione Ilva con cui, giovedì 4 agosto, alle ore 21.30 (ingresso gratuito), in uno spazio inconsueto, lo slargo antistante l’antica fornace di Laterza (in via Minghetti), il Festival della Terra delle Gravine, diretto da Giovanni Tamborrino per l’amministrazione comunale e la collaborazione dei Teatri di Bari, entra nel vivo tra impegno civile e spettacolo. E lo fa sempre con un occhio rivolto alla «questione meridionale», al centro dell’edizione di quest’anno, improntata a un «Sud vivente» attraverso una particolare attenzione al teatro dei nostri giorni, cui farà ogni volta da anteprima una breve «ouverture» di musica contemporanea.
Sarà, pertanto, la «Pequena Czarda» del compositore e sassofonista spagnolo Pablo Iturralde (classe 1929), eseguita dai sassofonisti Marianna di Ruvo e Vittorio Tamburrano, a introdurre «Capatosta», spettacolo vincitore del bando «Storie di Lavoro 2015» scritto da Gaetano Colella, che ne è al tempo stesso interprete con Andrea Simonetti per la regia di Enrico Messina.
La storia si svolge nello stabilimento più grande d’Europa, in uno dei tanti reparti giganteschi della fabbrica, Acciaieria 1 reparto RH. Qui l’acciaio fuso transita per raggiungere il reparto della colata e gli operai sono chiamati a controllare la qualità della miscela. La temperatura è di 1600 gradi centigradi.
Dal 1962, in questo stabilimento ci sono generazioni di operai che si avvicendano, si confrontano, si scontrano e si uniscono. Come i due personaggi di «Capaposta». I padri hanno fatto posto ai figli e ai nipoti senza che nulla sia intervenuto a modificare questo flusso di forza lavoro. Si sono tramandati saperi ed esperienze così come usi e abusi, leggi tacite e modi di fare. Sembra che in questo scenario nulla sia destinato a mutare, che i figli erediteranno fatica e privilegi dei padri. Ma è davvero così?
Tommaso Chimenti, sul «Fatto Quotidiano», ha parlato di «teatro necessario», sgomberando il campo da etichette (nuova drammaturgia, teatro civile) che potrebbero risultare limitanti per uno spettacolo che, attraverso i gesti, i volti e le voci di Colella e Simonetti, vuole restituire un sentimento di dolore e impotenza. E raccontare il sangue di una città ferita e divisa.
Info 099.8297911 – www.comune.laterza.ta.it
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