Renzi a Taranto: protesta inutile? No, ma ora si deve lavorare soprattutto alla proposta

TARANTO – Una protesta sterile. Così è stata giudicata da qualcuno la manifestazione organizzata durante la visita in città del presidente del Consiglio Matteo Renzi per l’inaugurazione del secondo piano del Museo nazionale archeologico. Alcune centinaia di persone hanno espresso rabbia e insoddisfazione nei confronti della politica governativa rispetto a Taranto e Ilva, anche alla luce dell’ultimo decreto approvato in via definitiva dal Senato solo pochi giorni fa. Tutto inutile? Noi preferiamo dare un’altra lettura.

Le contestazioni al premier di venerdì scorso hanno avuto un forte impatto mediatico e sono il sintomo di una crescente insoddisfazione avvertita dai cittadini in tutta Italia e non solo in riva allo Jonio. Fiaccati dalla crisi, stremati dalla ricerca  di un’occupazione seria, fortemente sfiduciati rispetto al proprio futuro, irritati dalla narrazione portata avanti dall’attuale premier negli ultimi due anni, molti italiani cominciano ad uscire dalle loro case per esprimere il proprio malcontento.

Venerdì è successo a Taranto, come a maggio è accaduto a Matera. Lì, davanti al teatro Duni, dove Renzi era atteso per firmare il Patto con la Basilicata, si è annusato un anticipo di quanto si sta verificando in altre realtà italiane, dove il premier è costretto a giocare di astuzia per dribblare contestazioni e fischi. A Matera, sotto una pioggia incessante (vedi foto), la protesta dava voce al desiderio di un popolo di liberare il proprio territorio dal ricatto occupazionale ed economico rappresentato dalle trivelle.

Non è un caso, che proprio in quella regione, il referendum “no triv” sia riuscito a raggiungere il quorum. D’altronde sono le comunità più sofferenti che fanno sentire i primi campanelli di allarme alle istituzioni, non certo quelle che vivono situazioni meno dolorose e critiche. E non è un caso che le contestazioni più pesanti nei confronti del premier, nei mesi scorsi, abbiano avuto luogo a Napoli, altra città meridionale in forte affanno. Protesta inutile? Non crediamo affatto che sia così. Anche qui, due giorni fa, si è dato voce al disagio. L’urlo rabbioso, forse scomposto, lanciato da Taranto non è passato inosservato, anche se tra corso Umberto e piazza Garibaldi c’erano poche centinaia di persone.

Nella società dell’immagine sono i volti, i suoni e i colori della protesta che attraggono i riflettori dei media. Più dei numeri. Ce ne siamo accorti anche noi di InchiostroVerde. La richiesta di usare i nostri video relativi alle contestazioni a Renzi non sono arrivate solo da grandi gruppi editoriali italiani ma anche da agenzie di stampa estere. Filmati e foto sono finiti sulle prime pagine dei maggiori giornali on line.

In serata, “In Onda”  – programma di approfondimento quotidiano de “La7” condotto da David Parenzo e Tommaso Labate – ha trasmesso un lungo servizio sui fatti di Taranto e aperto un confronto in studio ipotizzando una possibile fase di declino del premier. Sarebbe stato meglio che i manifestanti si uniformassero alla maggioranza dei tarantini che hanno vissuto la visita di Renzi come un evento lontano e irrilevante? In quel caso, la città sarebbe stata accusata, nella sua globalità, di essere apatica e indifferente, incapace di esigere un diverso trattamento da chi ancora non le fornisce strumenti adeguati per affrontare un’emergenza sanitaria e ambientale senza paragoni in Italia.

Semmai, la questione da porre a Taranto è un’altra. La protesta va accompagnata con la proposta, anzi scavalcata da essa. Coloro che oggi si candidano a prendere le redini della città hanno una grande responsabilità: incanalare la rabbia e l’insoddisfazione dei cittadini nei binari della civiltà e della democrazia.

Chi ambisce ad amministrare il bene comune deve guardarsi bene dall’assumere gli stessi atteggiamenti arroganti e sprezzanti che hanno negativamente caratterizzato la classe politica che intende scalzare. L’esasperazione dei toni ed un eccesso di aggressività, non solo nei confronti di qualche esponente locale del Pd (leggi qui) – reo di aver avallato la politica governativa sull’Ilva – ma anche di chi nel mondo ambientalista incarna un’anima più moderata e dialogante, possono trasformarsi in un clamoroso autogol e rendere meno appetibile e convincente l’offerta di cambiamento che viene proposta (a livello politico, economico, culturale e sociale).

Parlare alla testa e non solo alla pancia dei cittadini, elaborando progetti seri e realizzabili mirati ad uno sviluppo realmente ecosostenibile. E’ questa la sfida da cogliere per trasformare la protesta di centinaia di persone nel voto consapevole e pesante delle migliaia di elettori che si recano alle urne. Perché è solo dalla scelta di chi ci amministra a livello locale che possono nascere i germogli di una svolta per questa contraddittoria città.

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