«Il 10 luglio abbiamo pubblicato l’editoriale per ricordare i 40 anni dal disastro di Seveso – scrive Alessandro Marescotti, presidente di PeaceLink sul sito dell’associazione – l’11 luglio riceviamo una telefonata: “C’è stato un incendio all’ILVA”. Subito giungono da una nostra “ecosentinella” le immagini del fumo nero che si innalza dalla fabbrica e il giorno dopo la città di Taranto assiste ad uno spettacolo estivo un po’ più raccapricciante del solito: una nube rossastra e nera è sospesa in cielo, vagando in preda ai venti. Ce la segnala per prima lo Slai Cobas, che riceve l’sms di un operaio ILVA: “Chiamate al dott. Marescotti – scrive l’operaio – e fate controllare l’aria che questa mattina c’è uno schifo”. E di seguito l’sms fornisce alcune indicazioni del luogo dal quale si percepisce e si vede quello che l’operaio definisce “uno schifo”.
Poco dopo telefona un cittadino e conferma la presenza di una nube “impressionante”. E ci manda le foto in tempo reale dal cellulare. A questo punto scatta l’appello a tutte le ecosentinelle: postate su facebook le foto di quello che vedete. E dalle varie angolature della città cominciano ad arrivare le immagini. Una cappa marrone con sfumature tendenti al rosa. Diffusa come una nebbia.
Ma in serata arriva anche l’informazione: 5 big bag dell’Acciaieria 1 dell’ILVA avrebbero preso fuoco la notte precedente, e questo spiegherebbe la cappa di fuliggine sospesa sulla città come un’avvoltoio. Proviamo a fare delle misurazioni IPA, ma la variabilità dei venti e il fatto che rimanga sospesa in aria non fornisce dati particolari. E soprattutto il sospetto è che quella nube possa contenere diossina. Ieri notte è stato un tam tam continuo su Facebook. Parte allora la richiesta di informazioni all’Arpa Puglia e al sindaco di Taranto. All’Arpa e alla Cabina di regia pugliese sulla qualità dell’aria (di cui PeaceLink fa parte) inviamo una dettagliata sequenza di foto. Siamo in attesa in questi minuti di una risposta».
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