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Aia Ilva, nell’ultima relazione di Arpa Puglia tutto ciò che non va nel verso giusto

TARANTO – “Mancata o incompleta realizzazione di interventi strutturali, quali i lavori di chiusura dei nastri trasportatori e di copertura dei parchi, di rifacimento delle cokerie, di impermealizzazione delle aree in cui avvengono le operazioni di deposito della scoria non differenziata da trattare (IRF-IMPIANTO RECUPERO FERROSI e GRF – GESTIONE ROTTAMI FERROSI) e delle aree afferenti agli altiforni, nonché quelle di istallazione dei filtri a maniche”.

Poi: “critica gestione dei rifiuti e dei sottoprodotti;

mancata rimozione delle ingenti quantità di rifiuti stoccati in aree sequestrate e relative operazione di caratterizzazione delle aree potenzialmente contaminate; cattiva gestione degli eventi anomali, malfunzionamenti ed incidenti (slopping, incidente AFO2);  carente automazione dei processi che determina una conduzione degli impianti strettamente correlata all’operatore ed al relativo errore umano;  criticità relative alle emissioni diffuse e fuggitive, con riferimento alla gestione delle polveri di abbattimento”.

Queste considerazioni sembrerebbero, ad una prima lettura, venire direttamente dalle legittime contestazioni di un ambientalista intransigente, preoccupato per la mancata attuazione di alcune prescrizioni dell’AIA da parte di Ilva. Fanno, invece, parte di un’ampia relazione, a firma del direttore scientifico Massimo Blonda (facente funzione di direttore generale in attesa della nomina del successore di Giorgio Assennato), consegnata ieri da Arpa Puglia alle Commissioni riunite VIII e X della Camera dei Deputati, nell’ambito dell’esame in sede referente del D.L 98/2016 c. 3886 del Governo, recante disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del gruppo Ilva.

Insieme ad Arpa, sono stati informalmente sentiti anche rappresentanti di Regione Puglia, del Comune di Taranto e dell’Ispra. Molto chiara e dura la relazione di Blonda che evidenzia le criticità ambientali che permangono, connesse all’attuale attività di Ilva, in mancanza del completamento delle prescrizioni AIA e della loro insufficienza a garantire la sicurezza ambientale e sanitaria.

“Notevoli ritardi – si legge ancora – nelle bonifiche, soprattutto nelle aree urbane e periurbane, dei suoli contaminati da diossine e PCB, i quali rappresentano ulteriore fonte primaria di recircolazione degli inquinanti”. La VDS (Valutazione Danno Sanitario), anche nell’ipotesi di AIA attuata, nel caso di una produzione superiore ai sei milioni di tonnellate di acciaio, mostrerebbe un rischio non accettabile.

Dovrebbe bastare già questo, riteniamo noi di Inchiostroverde, a indurre il Governo a ritirare il decimo decreto salva Ilva che garantirebbe l’immunità penale o amministrativa ai futuri acquirenti della grande industria e che rimetterebbe in discussione i tempi di attuazione delle prescrizioni dell’AIA.

Nella sua relazione, Blonda affronta poi la cronica carenza di personale del Dipartimento Arpa di Taranto che, a fronte di un organico ottimale di 110 dipendenti, dispone solo di 65 unità, comprese quelle assunte a tempo determinato. Sicuramente una grave mancanza che rischia di creare ritardi e difficoltà nei controlli ambientali di Arpa.

Ecco il link della relazione Arpa a firma del Direttore Blonda : http://www.arpa.puglia.it/c/document_library/get_file?uuid=3ffedcd6-2aab-42d2-8a45-c6406f460d95&groupId=13879

Giuseppe Aralla

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