Il bollo auto: la prescrizione scatta dopo tre anni

Il bollo auto si prescrive dopo tre anni. Il triennio decorre, tuttavia, a partire dal primo gennaio dell’anno successivo a quello di scadenza del pagamento. Insomma, nel caso di un bollo dovuto per l’anno 2012, il termine di prescrizione inizia a decorrere a partire dal primo gennaio 2013. Pertanto il termine dei tre anni si compie solo il 31 dicembre 2015.

La legge prevede che per calcolare la prescrizione non si conti l’anno in cui è dovuto il versamento della tassa di circolazione, ma i successivi tre, fino appunto al 31 dicembre dell’ultimo di questi. Solo allora il bollo auto va in prescrizione. Ovviamente, nell’arco di tale periodo di prescrizione, non devono essere intervenuti atti interruttivi della prescrizione.

Con atti interruttivi si intendono i solleciti di pagamento o la notifica della cartella di pagamento di Equitalia. Tuttavia, anche davanti all’atto interruttivo, il termine inizia a decorrere a partire dal giorno successivo al ricevimento del suddetto atto. “Nel momento in cui il contribuente riceve la cartella esattoriale di Equitalia – precisa il sito La legge per tutti – deve contare di nuovo altri tre anni affinché la cartella medesima si prescriva: tre anni durante i quali, anche in questo caso, non devono intervenire nuove richieste di pagamento”.

Il preavviso di fermo auto è considerato un atto interruttivo solo se contiene tutti gli elementi da cui si evince che si riferisce al debito relativo al bollo auto. “La richiesta di pagamento di arretrati inviata con posta semplice non produce effetti – continua – essa deve essere recapitata con raccomandata a.r. in quanto, diversamente, in caso di contestazione da parte del contribuente, il fisco non avrebbe possibilità di dimostrare l’avvenuto ricevimento”. Se, invece, il contribuente dovesse impugnare l’ingiunzione di pagamento o la cartella di Equitalia e, poi, perdere il ricorso, la prescrizione passerebbe da 3 a 10 anni.

Fermo amministrativo dell’auto: quando è uno strumento di lavoro, Equitalia non può attuarne il blocco. Il fermo amministrativo è una misura posta da Equitalia sull’automobile del contribuente debitore di somme verso l’erario il quale, pur avendo ricevuto la notifica della cartella esattoriale, non abbia provveduto per tempo al pagamento. La cartella deve essere pagata entro 60 giorni dalla notifica, tuttavia non per questo, alla scadenza di tale termine, scatta in automatico il fermo.

Equitalia, infatti, potrebbe preferire altre misure di coercizione (per esempio, procedendo al pignoramento del conto corrente) oppure attendere svariati mesi prima di attuare il blocco dell’auto. In ogni caso, qualora dovesse decorrere un anno di tempo dalla notifica della cartella, Equitalia non è tenuta a notificare (così come invece avviene prima dell’esecuzione forzata) l’intimazione di pagamento.

Prima della notifica del fermo auto il contribuente deve comunque ricevere il preavviso di fermo e solo dopo può avvenire l’iscrizione del fermo presso il PRA.

In particolare, Equitalia può iscrivere il fermo quando è scaduto il termine di:

  • 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento;
  • 30 giorni in caso di notifica di accertamento esecutivo, dopo i quali le somme sono affidate in carico a Equitalia ai fini dell’esecuzione forzata.

L’iscrizione del fermo auto deve essere preceduta da una comunicazione inviata al debitore e ai coobbligati contenente l’avviso che, se entro 30 giorni non si procede al pagamento delle somme iscritte a ruolo, avrà luogo l’iscrizione del fermo. Il preavviso di fermo può essere impugnato come la normale cartella esattoriale. Solo dopo il decorso di tali 30 giorni Equitalia può disporre il fermo auto. Equitalia non è tenuta a fornire comunicazione dell’avvenuta iscrizione del fermo.

In caso di contribuente o soggetto coobbligato che esercita attività di impresa o professione questo può impedire l’iscrizione del fermo dimostrando che il veicolo che Equitalia intende sottoporre a fermo è strumentale alla propria attività d’impresa o professionale. Si registrano a riguardo due orientamenti differenti, uno più restrittivo e l’altro più favorevole al contribuente:

1) conta solo l’auto di lavoro: secondo alcuni, il fermo non può essere apposto solo su quei beni relativi all’organizzazione del lavoro e, quindi, facenti parte dell’impresa o dell’attività professionale. Si pensi, ad esempio, all’escavatore per un’impresa edile, all’autovettura per l’agente di commercio, al furgone per il trasporto merci per il negoziante di mobili. In pratica, l’auto deve far parte del complesso di beni e strumenti necessari a mandare avanti l’attività stessa. Sarebbe quindi necessario dimostrare che il bene sia stato registrato come “strumentale” nella contabilità dell’azienda e negli stessi bilanci o nella dichiarazione dei redditi.
2) conta anche l’auto del lavoratore: secondo una tesi più ampia, invece, il fermo non può essere apposto neanche all’auto che serve al contribuente per lavorare o recarsi sul posto di lavoro, sia esso da dipendente o da autonomo. Si pensi al caso del lavoratore subordinato, quando la sede dell’azienda sia molto distante da casa e non possa essere raggiunta con mezzi pubblici, o al professionista che utilizzi il mezzo per raggiungere i propri clienti (per il mediatore immobiliare o per l’idraulico), le udienze (per l’avvocato) oppure la clinica (per il medico).

Prova dell’utilizzo strumentale potrebbe essere fornita con l’esibizione presso lo sportello dell’Agente della riscossione di apposita istanza corredata da: copia della fattura di acquisto del mezzo; copia del certificato di proprietà del veicolo; copia del libretto di circolazione del mezzo che identifichi la codifica attribuita agli Uffici competenti; copia di stralcio del registro dei beni ammortizzabili (o registro degli acquisti) ove sia riscontrabile la presenza del bene.

Il contribuente deve richiedere la cancellazione del fermo sull’auto strumentale al lavoro entro 30 giorni dalla comunicazione preventiva dando dimostrazione della strumentalità del bene al lavoro. Si ritiene però che tale termine non sia perentorio. C’è però chi sostiene che la dimostrazione tardiva renderebbe la richiesta di cancellazione priva di effetti. Il contribuente può sempre impugnare il fermo per ragioni attinenti alla legittimità della pretesa di Equitalia.

Di certo, non si può impugnare la misura per vizi attinenti al merito del tributo, poiché i termini per sollevare contestazioni di tale tipo sono ormai spirati (60 giorni dalla notifica della cartella). Tuttavia, se alcuna cartella è mai stata notificata, il preavviso di fermo è impugnabile per mancata dell’atto presupposto (appunto la cartella esattoriale). Il fermo può essere altresì impugnato per errori nella procedura come: l’errata notifica della cartella o la mancata notifica del preavviso di fermo. Chi intende ricorrere per la cancellazione del fermo auto deve farlo presso il giudice competente a decidere sulla cartella esattoriale non pagata. Infatti il fermo non è un atto esecutivo e quindi non è competente il giudice dell’esecuzione, ma quello sul merito della pretesa.

Dunque, la competenza è così ripartita:
fermo per mancato pagamento di multe: giudice di Pace
fermo per mancato pagamento di tasse: Commissione Tributaria
fermo per mancato pagamento di contributi previdenziali e Inail: tribunale ordinario, sezione Lavoro (Fonte: La legge per tutti).

fabiana di cuiaA cura di Fabiana Di Cuia, laureata con lode in Scienze della Comunicazione  – Giornalista – Insegnante di Scuola Guida, abilitata dal 2003.

 Autoscuola 2000 Di Cuia, via Calamandrei, 12 (Taranto)

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