C’era una volta l’uva… in tutte le sue varietà

Uva Italia, Moscata, Regina, Vittoria, Baresana: erano le varietà che fino a qualche anno fa ci rinfrescavano e addolcivano nelle  torride giornate di fine agosto o settembre. Uve da tavola tradizionali, originarie  in qualche caso dall’Oriente o frutto di pazienti selezioni operate da esperti viticoltori che, tentando incroci fra le diverse varietà, hanno creato frutti dall’aspetto e dal sapore ottimo.  L’uva da tavola è stata  da sempre il simbolo dell’estate e spesso grappoli dagli acini gialli e invitanti ci accompagnavano nelle giornate trascorse al mare. Uva e anguria, delle vere e proprie leccornie, che non potevano mancare nei refrigeratori portatili delle famiglie sotto gli ombrelloni.

Sorvolando sulla funzione socializzante delle gare di lancio dei semini che si svolgevano tra amici, sicuramente questi frutti avevano ed hanno un importante ruolo nutrizionale. Oltre una notevole quantità di zuccheri (circa 10-15 g su 100 g), l’uva contiene fibre, proteine e soprattutto vitamina A  (retinolo, utile per la visione e per la differenziazione cellulare), vitamine del gruppo B (utili per il metabolismo cellulare) e vitamina C (antiossidante). Uva e anguria contengono inoltre i sali minerali importantissimi per il riequilibrio idrosalino che, soprattutto d’estate, tende a scompensarsi. Uve e angurie sono state per secoli un regalo della Natura che l’uomo ha conservato e coltivato nelle tantissime varietà dai tanti colori, forme e sapori.

Ma, in una società occidentale sempre più alla ricerca del comodo, persino il minimo fastidio come lo scartare i semi di un frutto, diventa una seccatura insostenibile. E succede allora che le tante ottime uve da tavola tradizionali diventano sempre più introvabili, come già è successo per moltissime varietà di frutti tipici di tradizione locale soppiantati da altri più facili da coltivare e dalla maggior resa e resistenza alle intemperie o all’attacco  degli insetti infestanti. L’uva senza semi è così diventata la varietà predominante che si trova sulle bancarelle della frutta e presto anche l’anguria tutta polpa sarà una realtà diffusa.

Uve e angurie, queste, sicuramente dolci, perfette nella forma, più resistenti ai parassiti, ma simbolo, anche esse, di una tendenza alla globalizzazione anche nella produzione della frutta che fa scomparire coltivazioni più tradizionali e rischiose, a vantaggio di altre più redditizie e adatte ad un’agricoltura moderna. Sempre più frequentemente, storici vigneti, curati da generazioni di agricoltori che seguivano con amore ed apprensione i cicli che portavano la vite a produrre i ricchi grappoli d’uva, vengono spiantati per far posto alle nuove piante di vite che produrranno uve con acini senza semi, buone ma dall’aspetto anonimo e senza carattere.  Forse un affare per i coltivatori il passaggio alle nuove varietà, ma una ricchezza di scelta che si perde e una gran tristezza nel vedere morire antichi vigneti.

Giuseppe Aralla

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