Ilva, al via a Taranto la campagna per boicottare Cassa Depositi e Prestiti

La Cassa Depositi e Prestiti (CDP) ha inviato a febbraio la propria manifestazione di interesse per l’acquisizione dell’ILVA. Parteciperà ad una cordata di imprese le quali, da quel che si sa, hanno debiti e che dovrebbero accollarsi un impresa come l’ILVA che – secondo dati del Corriere della Sera – perderebbe due milioni e mezzo di euro al giorno. Siamo di fronte ad un’operazione senza alcuna logica economica e spinta unicamente dalla volontà del governo di liberarsi del problema ILVA con una vendita, anche per difendersi dalle accuse europee di “aiuti di Stato”. In questa irragionevole impresa di acquisizione dell’ILVA, destinata a sommare le perdite di vari soggetti economici senza alcuna prospettiva di risanamento, la Cassa Depositi e Prestiti giocherà il ruolo fondamentale di di investitore di riferimento.
Eppure lo Statuto della Cassa Depositi e Prestiti non consentirebbe un’operazione di questo genere, dato che i denaro gestito da CDP proviene dai risparmiatori postali (buoni fruttiferi e libretti) e dovrebbe rispondere ai criteri sociali che escludono l’investimento in aziende decotte e in perdita, come l’ILVA. L’articolo 3 dello Statuto di CDP prevede infatti “l’assunzione, anche indiretta, di partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale – che risultino in una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico e siano caratterizzate da adeguate prospettive di redditività”.

La CDP – nell’annunciare la disponibilità di unirsi ad un’eventuale cordata per l’acquisizione dell’ILVA – ben sapeva che tali condizioni non esistevano e che anzi il mercato mondiale dell’acciaio soffre di una crisi tale da fare registrare perdite persino nel colosso mondiale dell’acciaio Arcelor Mittal, che ha chiuso il bilancio 2015 con una perdita di ben 7,9 miliardi di dollari. Persino la Cina sta riducendo la propria produzione di acciaio per la crisi. Ragion per cui quello che la CDP farebbe con i soldi dei risparmiatori postali sarebbe un investimento non in linea con le regole del proprio statuto.

A ciò aggiungiamo che investire nell’ILVA in queste condizioni è un atto non etico, in quanto stiamo parlando di un’ILVA che è sotto processo e i cui impianti più inquinanti sono sotto sequestro (anche se con facoltà d’uso per le leggi Salva-ILVA, cosa che accade solo a Taranto). Si tratta di proseguire una produzione in deroga all’autorizzazione integrata ambientale che in più punti non è rispettata.

Vi sono quindi tutte le premesse di carattere etico e legale per richiamare la CDP alle sue responsabilità e per stoppare sul nascere ogni impiego dei soldi dei risparmiatori postali in operazioni non condivisibili. Molto maglio sarebbe un uso sociale della CDP per la creazione di un fondo di riconversione per i lavoratori dell’ILVA e per l’avvio di attività economiche alternative che possano impiegarli durevolmente.

Al fine di richiamare la CDP alle proprie responsabilità. è nata una campagna di boicottaggio e di disinvestimento che ha lo scopo di dissuadere i vertici della Cassa Depositi e Prestiti dal proseguire nella strada intrapresa. La pianificazione di questa campagna nonviolenta di boicottaggio e disinvestimento dei risparmiatori sarà organizzata mercoledì 25 maggio alle ore 18 alle Officine Tarantine (si entra dal parcheggio di via Di Palma a Taranto). Si terrà infatti un’ assemblea per discutere come promuovere l’informazione dei risparmiatori, ad esempio davanti agli uffici postali e con una raccolta firme, progettando un’azione sinergica a livello nazionale con tutti i movimenti interessati ad un’economia di giustizia.

Comunicato stampa – Alessandro Marescotti (PeaceLink)

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