Lo Stato italiano è formalmente sotto processo di fronte alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, con l’accusa di non aver protetto la vita e la salute di 182 cittadini di Taranto dagli effetti negativi delle emissioni dell’Ilva. La Corte di Strasburgo ha ritenuto sufficientemente solide, in via preliminare, le prove presentate, e ha così aperto il procedimento contro lo Stato italiano. Lo riferisce l’Ansa. La decisione è una conseguenza delle iniziative portate avanti da Daniela Spera (presidente del Comitato Legamjonici e promotrice di un ricorso nel 2013) e Lina Ambrogi Melle (consigliere comunale del Gruppo Ecologisti per Bonelli, promotrice di un ricorso nel 2015). I ricorsi vedono come parte attiva numerosi cittadini ionici: 52 per un ricorso, 130 per l’altro. Alcuni rappresentano i congiunti deceduti, altri i figli minori malati.
Secondo i ricorrenti, lo Stato italiano non è riuscito ad adottare tutti gli strumenti giuridici e normativi in grado di garantire la protezione dell’ambiente e della salute, alla luce soprattutto dei contenuti dello studio “Sentieri” (Istituto Superiore di Sanità) e della perizia epidemiologica prodotta dagli esperti incaricati dal gip di Taranto nell’ambito dell’inchiesta sull’inquinamento prodotto dall’Ilva. Inoltre, denunciano l’adozione da parte del Governo di diversi decreti “Salva-Ilva” che hanno consentito al siderurgico la prosecuzione dell’attività produttiva. Si denuncia la violazione degli articoli 2, 8 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Di grande soddisfazione parla anche Lina Ambrogi Melle (gruppo
Inoltre, Ambrogi Melle sottolinea il ruolo svolto dall’avv. Andrea Saccucci, al quale aveva consegnato un apposito e documentato dossier che ha costituito la base per il ricorso collettivo presentato il 21 ottobre 2015. «Il 2 febbraio 2016 – aggiunge il consigliere comunale – il ricorso ha superato il filtro preliminare di non manifesta inammissibilità ed è stato registrato a ruolo. Inoltre è stata accolta la domanda di trattazione prioritaria del ricorso ai sensi dell’art. 41 del Regolamento della Corte».
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