Da Taranto al resto d’Italia: è tempo di schierarsi

TARANTO – È il momento di dire da che parte si sta e cosa davvero si vuole. Per decenni l’ambiguità è stata la regola in Italia. Partiti, fondazioni, associazioni, scrittori, opinionisti hanno spesso galleggiato nella vaghezza di idee e programmi validi per tutte le stagioni, nella furbizia del non schierarsi, nella critica che non graffia. La politica del compromesso, del “volemose bene” perché tanto l’Italia comunque ce la farà, non può più funzionare.

Cambiamenti epocali sono alle porte della nostra società ed è il momento di scelte strategiche che valgono il futuro di tutti noi. Immigrazione, politiche energetiche ed economiche, assetto democratico degli Stati, trattati di libero scambio, regole sul lavoro, sulla privacy, sono le principali sfide che ci aspettano. Le opzioni sono due: delegare le scelte ad una ristretta oligarchia di decisori che trae forza proprio dall’abulia partecipativa della società distratta e indifferente oppure prendere coscienza che sarebbe giusto intervenire con maggiore convinzione, avendo il coraggio di schierarsi, appunto, per incidere su ciò che cambierà presto i nostri stili di vita.

Il referendum dei giorni scorsi è stato la dimostrazione di come il “sistema di potere” abbia convinto la gente a non decidere, a non interferire con il voto su scelte strategiche ormai consolidate da decenni di “amorosi sensi” tra politica e potenze economiche, leggasi lobbies. La quasi certezza che la maggioranza degli Italiani avrebbe optato per la richiesta di una politica energetica diversa e che si orientasse coraggiosamente in direzione delle fonti rinnovabili, ha indotto, chi ci governa, a incentivare il non voto, come a dire, se non vinco, porto via il pallone. Non è stato un buon segnale: per la prima volta, dal dopoguerra, si è ritenuto il popolo non in grado di decidere o di decidere in modo tale da stravolgere equilibri consolidati.

Le riforme costituzionali appena approvate e che verranno sottoposte al vaglio referendario di ottobre, saranno un altro banco di prova della tenuta democratica del sistema Italia. Questa volta il referendum, riguardando una modifica costituzionale, non richiederà il raggiungimento del quorum. Non è il caso, adesso, di entrare nel merito della riforma che indubbiamente ha aspetti positivi, di semplificazione della macchina dello Stato, ma anche alcune pericolose criticità che riguardano gli equilibri di potere che una democrazia deve prevedere.

Non potendo puntare sull’astensionismo, il dubbio è se chi governa il Paese vorrà effettivamente portare i cittadini a dare un giudizio di merito, entrando nello specifico della riforma o se invece si giocherà l’esito del referendum sulle suggestioni di una informazione troppo partigiana o, peggio ancora, del tutto inadeguata. Compito nostro sarà informare, invitare al dibattito, alla comprensione del quesito referendario di ottobre, far comprendere anche ai più distratti l’importanza del voto richiesto.

A Taranto, per fortuna, la presa di coscienza della cittadinanza sull’importanza della partecipazione informata al dibattito politico è fortemente cresciuta negli ultimi anni. Il 42,5% di partecipazione al referendum sulle concessioni in mare ne è la dimostrazione. Quasi 70.000 elettori hanno deciso di non rinunciare a dire la loro su un tema molto complesso come quello proposto nel quesito. È un segno di grande maturità di un elettorato che in passato si era mostrato meno partecipe e più propenso a seguire le indicazioni di partito.

Importantissimo, in questo processo di partecipazione democratica informata, il ruolo di movimenti, associazioni, partiti di opposizione, leader della lotta ambientalista che hanno stimolato il dibattito e incoraggiato l’andata alle urne. Non secondario il ruolo della Chiesa che sembra, complice il nuovo corso di Papa Francesco, aver rotto gli schemi che la vedevano più legata a scelte moderate e generalmente vicine ai poteri forti. Sentire, anche nelle parrocchie tarantine, e forse più che in quelle di altre città, l’invito alla partecipazione, è stato il segno di una svolta. Nuove sfide quindi ci attendono, sfide determinanti per tutti noi, per il tipo di percorso che l’Italia prenderà nei prossimi anni e che potrebbero vedere Taranto molto attiva e reattiva e matura al punto di difendere il diritto di decidere sul futuro del proprio territorio e della nazione.

Giuseppe Aralla

Giuseppe Aralla

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