Referendum, circolo Prc “P. Impastato” di Taranto: Renzi eviti toni trionfalistici

Riceviamo e pubblichiamo le riflessioni del circolo Prc di Taranto “Peppino Impastato” sull’esito del Referendum del 17 aprile scorso.
Un terzo degli italiani si è recato alle urne ieri: un risultato tutt’altro che scontato e trascurabile. La scelta del governo sulla data della consultazione ha costretto la campagna referendaria in tempi strettissimi, mentre l’informazione promossa dai mass media è stata scarsa e mediamente di cattiva qualità. Renzi e i suoi farebbero bene a evitare toni trionfalistici e offensivi nei confronti degli elettori, soprattutto in vista del referendum costituzionale di ottobre – che non prevede quorum –, già interpretato dal governo come una sorta di “plebiscito” nei suoi confronti. Siamo particolarmente soddisfatti per il risultato di Taranto. Col 42,5% di affluenza, la nostra città si colloca fra i primi comuni capoluogo d’Italia per partecipazione al voto, in controtendenza con le passate consultazioni. Il dato tarantino è il frutto della mobilitazione capillare di un vasto movimento: associazioni, parrocchie, forze politiche (non pervenuti, il PD e le istituzioni locali). Questa partecipazione va valorizzata, e i legami tessuti fra mondi diversi vanno approfonditi, per rivitalizzare la vita democratica nella nostra città. Fatte queste premesse, dobbiamo comunque chiederci perché il Sì non ha convinto la maggioranza degli italiani. Il governo – e, in generale, il fronte del No – ha sistematicamente distolto l’attenzione degli elettori dal merito del quesito, ponendo in risalto due elementi: le ricadute economiche e quelle occupazionali dell’eventuale vittoria del Sì. Si è detto, da una parte, che l’Italia avrebbe perso importanti contributi al suo fabbisogno energetico e, dall’altra, che sarebbero andati in fumo tanti posti di lavoro. D’altronde, la stessa campagna per il Sì si è soffermata poco sul quesito, concentrandosi su aspetti di più forte impatto emotivo, soprattutto quelli legati ai rischi ambientali. Evidentemente, l’una e l’altra parte hanno ritenuto di per sé poco interessante un referendum che chiedeva di abrogare un privilegio concesso ad alcune aziende. In questo modo si è sviluppato un dibattito fortemente dualistico: da una parte, i sostenitori del lavoro e della produzione; dall’altra, i paladini dell’ambiente. Una dinamica che a Taranto abbiamo visto in azione innumerevoli volte negli ultimi anni, con esiti scarsamente efficaci. Su tale questione è urgente riflettere. In questa fase stanno emergendo le contraddizioni intrinseche dello sviluppo economico italiano: su tutte, la debolezza del nostro sistema produttivo e il suo grave impatto ambientale. Si tratta di due facce della stessa medaglia: l’industria italiana oggi soffre perché arretrata, e lo scarso adeguamento ad elevati standard ambientali (come lo stentato sviluppo di attività nei campi della “green economy”) è una cifra particolarmente significativa di questa arretratezza. Così nel paese vanno esplodendo due generi di crisi: una deindustrializzazione sempre più intensa e un’emergenza ambientale dilagante. Un movimento che voglia conquistare il consenso della maggioranza degli italiani deve affrontare unitariamente questi problemi; deve essere in grado di elaborare soluzioni alle crisi industriali assumendo la prospettiva della trasformazione dei processi e dello sviluppo di nuovi campi produttivi. Lasciare i lavoratori dell’industria a Renzi, e alla sua retorica della “comunità dei produttori”, sarebbe un errore di enorme portata. Renzi va sfidato sull’incapacità del governo di dare al paese un Piano credibile per la transizione verso produzioni sostenibili, e verso un sistema industriale più avanzato. Su questo terreno, il lavoro da fare è tanto. Chi vuole cambiare realmente le cose ha il compito di sviluppare una visione in grado di tenere insieme trasformazione economica, occupazione e tutela dell’ambiente. Un’ecologia che assuma pienamente l’urgenza dei problemi sociali che stanno deflagrando nel paese: questo è il tema che dovremo sviluppare in vista delle sfide che ci aspettano.
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