TARANTO – «Scusateci, ma siamo disperati». I lavoratori di Taranto Isolaverde, società partecipata della Provincia, ora in liquidazione, avevano annunciato così (leggi qui) ai concittadini ionici la loro nuova iniziativa di protesta. La manifestazione si è tenuta questa mattina davanti alla sede della Prefettura, dove era stato convocato un incontro relativo alla vertenza. A vivere giorni di angoscia sono 231 operai, senza stipendio da circa un anno, che vivono sulla loro pelle la prospettiva di un licenziamento collettivo. In questi mesi, le hanno provate tutte pur di far sentire la loro voce alle istituzioni ed evitare il drammatico epilogo: si sono arrampicati sui tetti, hanno bloccato le strade e hanno anche occupato simbolicamente la chiesa del Carmine per una quarantina di giorni.
“Non prendiamo stipendio da un anno, nonostante siamo a tutti gli effetti dipendenti di una società pubblica, nata per stabilizzare lavoratori precari e finita in macerie perché amministrata malamente per favorire clientele politiche – hanno spiegato nella loro lettera aperta alla città – una società nata per svolgere tutti i servizi di competenza della Provincia che voi e noi paghiamo e continuiamo a pagare senza averne beneficio alcuno, visto che sono espletati dalla Provincia di Taranto da un anno. Intanto continuiamo a pagare le accise e i contributi provinciali. E’ come pagare la bolletta della luce senza poter usufruire dell’energia elettrica o del gas in casa. Per esempio, continuiamo a pagare un aumento del premio dell’assicurazione auto che avrebbe dovuto favorire Taranto Isolaverde».
Il dito è puntato soprattutto contro la Provincia: «Il 5 aprile scorso, la presa in carico del restauro del palazzo degli Uffici con i fondi Cis si è finalmente concretizzata – spiegano i lavoratori – ma la Provincia ha adottato un atteggiamento pretestuoso. Non basta più un impegno da parte del Cis, espresso attraverso il verbale della seduta e che dovrebbe arrivare entro pochissimi giorni. Adesso si richiede anche un trasferimento di risorse economiche che si sapeva già in partenza che non sarebbe arrivato in tempi brevi, sicuramente non nei tempi strettissimi che servono per salvare 231 posti di lavoro».
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