È stata rinviata al prossimo 11 maggio l’udienza davanti al giudice fallimentare di Milano Francesca Maria Mammone per discutere l’istanza di fallimento di Rive Fire, la società di proprietà della famiglia Riva che controllava al 90% l’Ilva prima della dichiarazione dello stato di insolvenza e della nomina dei tre commissari straordinari. La richiesta di fallimento è stata formulata nelle scorse settimane dai pm Stefano Civardi e Mauro Clerici, titolari di vari filoni di indagine sulla gestione dell’Ilva da parte della famiglia Riva. Il fallimento, in particolare, è stato richiesto dalla Procura milanese dopo che il patrimonio netto della holding è sprofondato fino ad un valore negativo di quasi 429 milioni di euro, secondo quanto è emerso dal bilancio 2014 depositato dalla società.
Ieri nel corso dell’udienza sono stati depositati una serie di documenti integrativi e il giudice ha indicato due termini alle parti (il 15 e il 29 aprile) per il deposito di altre memorie e poi ha aggiornato l’udienza al prossimo 11 maggio. A portare i due pm a chiedere il crac di Riva Fire, c’è stata innanzitutto la dichiarazione di insolvenza di Ilva (nel gennaio 2015), asset senza il quale la Riva Fire, secondo i pm, è in sostanza rimasta una ‘scatola vuotà, oberata di debiti. In uno dei filoni di indagine sul gruppo Ilva, tra l’altro, è ipotizzato il reato di bancarotta e sono indagati l’ex prefetto di Milano Bruno Ferrante, e alcuni componenti della famiglia Riva, tra cui Adriano, Fabio, Angelo Massimo e Claudio. (ANSA)
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