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Emergenza smog, ENEA mette in campo MINNI

Per affrontare l’emergenza smog, l’ENEA mette in campo un sistema modellistico realizzato per il Ministero dell’Ambiente che simula il comportamento degli inquinanti nell’atmosfera e consente di creare mappe orarie di concentrazione, in particolare per le ‘famigerate’ polveri sottili. Si tratta di MINNI, uno strumento operativo a disposizione delle amministrazioni pubbliche per valutare efficacia e costi sia di misure a contrasto delle emergenze smog che di interventi anti-inquinamento strutturali a lungo termine.

MINNI è composto da due sistemi interconnessi: un sistema modellistico per descrivere i processi chimico-fisici in atmosfera e le concentrazioni degli inquinanti sulla base delle condizioni meteo e uno strumento di analisi, il “Gains-Italy”, in grado di valutare costi e impatti in termini di riduzione delle concentrazioni.

“MINNI è uno strumento potente – sottolinea Gabriele Zanini, responsabile della Divisione ENEA Modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali – Ci dice qual è la natura del fenomeno dell’inquinamento atmosferico, quando e perché si verifica. Indica inoltre l’impatto degli interventi, come ad esempio gli investimenti per ridurre le emissioni di ammoniaca in agricoltura, a beneficio anche dell’abbattimento del particolato atmosferico nella Pianura Padana”.

Il sistema anti-smog messo a punto da ENEA evidenzia anche l’importanza di introdurre“stufe di nuova generazione e filtri antiparticolato per l’utilizzo di legna nel riscaldamento domestico e di  efficientare il nostro patrimonio edilizio per consumare meno combustibili fossili. Per il settore trasporti – aggiunge Zanini – è sicuramente importante l’introduzione di autobus meno inquinanti, ma occorre soprattutto ridurre le auto in circolazione e portare dalla gomma al ferro sia il trasporto delle merci che delle persone”.

Ma oltre che nell’aria, la concentrazione di microinquinanti risulta in aumento anche al suolo. È quanto rivela uno studio sull’inquinamento urbano condotto dall’ENEA in collaborazione con l’Università di Novi Sad (Serbia). Si tratta del Progetto Urbesoil che ha evidenziato un aumento delle particelle rilasciate dalle emissioni dei veicoli nei suoli di Roma, a 20 anni dall’introduzione delle marmitte catalitiche. Se da un lato questi dispositivi hanno manifestato la loro efficacia eliminando il piombo dalle emissioni, dall’altro si è registrato un incremento costante di “nuovi” microinquinanti, in particolare di “terre rare”, di cui è solitamente composto il rivestimento delle marmitte, e di metalli pesanti come il platino e il palladio, utilizzati nei catalizzatori per accelerare le reazioni chimiche.

Oltre alla distribuzione degli elementi chimici – sottolinea Massimo Angelone dell’ENEA – le nostre indagini hanno riguardato la mobilità degli inquinanti dal suolo o dalla pavimentazione stradale. Per comprendere le dinamiche ambientali e individuare misure più adatte per il controllo e la riduzione dell’inquinamento, questi studi sulla mobilità rappresentano uno strumento fondamentale che purtroppo non è stato ancora preso in considerazione dalla legislazione ambientale vigente”.

Il progetto Urbesoil ha posto l’accento anche sull’importanza dell’adozione di misure preventive, in particolare in assenza di precipitazioni come in questo periodo. “Con semplici interventi di lavaggio delle strade e di pulizia dei tombini – aggiunge Massimo Angelone – potremmo ridurre gli inquinanti al suolo e la loro mobilità nell’aria, rendendo più efficaci i piani anti-inquinamento.”

Secondo il Global Risks Report 2016 del World Economic Forum, l’emergenza ambientale globale oggi è sentita più forte che mai. E non solo per i danni all’ambiente. L’emissione di prodotti chimici rappresenta una delle principali sorgenti di contaminazione dell’aria e del suolo a cui la popolazione è particolarmente esposta – anche a causa della dimensione delle particelle che spesso raggiungono la grandezza di alcuni micron e sono quindi più facilmente soggette a inalazione, contatto dermico o ingestione.

A mettere l’accento sull’emergenza ambientale ci sono anche altri dati. In un recente studio dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) in Italia nel 2012 i decessi prematuri attribuibili all’inquinamento dell’aria sono stati oltre 84mila (il 17% dei decessi di questo tipo in Europa), di cui il 70% attribuibili a polveri sottili, il 26% al biossido di azoto e il 4% all’ozono. Ci sono poi le evidenze del rapporto Economic cost of the health impact of air pollution in Europe, che l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha realizzato insieme all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), da cui emerge che nel 2015 1 abitante su 4 in Europa si è ammalato o è morto prematuramente a causa dell’inquinamento dell’ambiente.

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