Le nubi su Taranto non hanno fermato la marcia degli operai Ilva. In tremila tra lavoratori diretti (2.500 quelli usciti dallo stabilimento) e dell’indotto (circa 500) sono scesi in strada oggi con sindacati e istituzioni al loro fianco perché il futuro della più grande acciaieria d’Europa è ancora tutto da decidere. Lo sciopero voluto da Fim, Fiom, Uilm e Usb per rivendicare garanzie occupazionali e salariali, impone al Governo un’accelerata per la risoluzione di una vertenza che investe l’intero territorio, soprattutto nel giorno in cui scadono i termini per la presentazione delle manifestazione di interesse per l’acquisto dell’Ilva.
Per Antonio Talò della Uilm la sfida per salvare il siderurgico «sarà una battaglia complicata, però le ragioni dei lavoratori e della città sono sacrosante». Il segretario nazionale della Fiom, Rosario Rappa, era a Taranto in questo momento delicato e forse decisivo. «La nostra preoccupazione – ha spiegato – è che ci possa essere un cambio del piano industriale che possa modificare l’Aia e quindi il processo di ambientalizzazione e che metta in discussione il livello occupazionale attuale». Da Valerio D’Alò (Fim Cisl) la richiesta al governo di «risposte certe sul futuro dello stabilimento Ilva e della città di Taranto. Vanno garantite l’ambientalizzazione del sito produttivo, le bonifiche del territorio e la tutela dei livelli occupazionali».
Nicola Sammali
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