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Taranto, 2016: è il tempo dell’anima e della dignità

Una città “senz’anima è un’anima in pena, in cerca di dignità”. Ci affidiamo alla parafrasi di un verso scritto da Francesco De Gregori nella canzone “Dignità” (cover di un brano di Bob Dylan), per parlare di Taranto e delle sue contraddizioni. Siamo reduci da un anno che ha confermato tutti i limiti di una classe politica e dirigente incapace di guardare oltre il confine del proprio naso, specchio di una società frammentata e priva di senso dell’orientamento.

Mentre Taranto affonda al 107° posto nella graduatoria sulla qualità della vita stilata dal “Sole 24 Ore”, ultima in Puglia e quart’ultima in Italia, i suoi abitanti dibattono per giornate intere su un’ordinanza del sindaco che vieta i botti di Capodanno. Così come in tanti, troppi, perdono tempo a pigiare i tasti di pc e smartphone per inveire contro il cantante forestiero che durante un concerto esprime a suo modo un sentimento di solidarietà ai fan “vittime” dell’inquinamento industriale.

Ma cosa ci si aspetta da un’artista che viene da Roma, catapultato in una realtà che conosce solo attraverso i media? Una realtà che è frutto proprio dell’immagine che alcuni tarantini vogliono dare di sé e della propria città: sconsolata, piagnona, sempre in cerca di commiserazione. Salvo, poi, affidarsi al “Messia” di turno, magari extraterritoriale. Qualche anno fa era Vendola, oggi tocca a Emiliano, in un’altalena di stati umorali che vanno dall’esaltazione alla depressione più assoluta nell’arco di una legislatura.

Ma la salvezza non verrà mai da fuori. Non giungerà da Roma, né da Bari. Non giungerà nemmeno da Palazzo di Città. Non verrà dall’attuale sindaco né dal prossimo. Non verrà dai suoi assessori, né dai consiglieri comunali di maggioranza o di opposizione, né da coloro che fanno da veline o da portaborse. Non verrà da chi crede di avere sempre la verità in tasca e non accetta di essere contraddetto e, nel caso, boicotta. No.  La “salvezza” non verrà mai da fuori, ma da dentro, da quel pezzo di anima che appartiene ad ogni tarantino. La “salvezza” potrà venire solo da quei cittadini che al 107° posto non ci sono mai finiti perché primeggiano nelle classifiche del buon senso e dell’operosità quotidiana. Non salveranno il mondo, forse, ma salveranno una parte del loro mondo, a cominciare dalla loro città. Pensiamo,  per fare un esempio, a quei cittadini che da giorni si battono per salvare dalle ruspe “selvagge” la pineta di “Torre Blandamura”.

Le loro denunce, portate avanti lontano dai riflettori, hanno sortito almeno un effetto: i lavori di abbattimento di alberi di pino e macchia mediterranea sono stati bloccati dal Corpo Forestale che ha accolto l’appello ad intervenire. L’ennesimo oltraggio nei confronti dell’ambiente e della natura è stato, almeno per il momento, bloccato. E non ci sembra poco. E’ la dimostrazione lampante che la cittadinanza attiva può condurre battaglie vincenti quando agisce con intraprendenza ed usa argomenti validi. E’ questa la Taranto che ci piace: quella che non sale in cattedra eppure è capace di fermare le ruspe. Così come avrebbe dovuto e potuto fermare gli altiforni dell’Ilva, se solo fosse stata abbastanza unita, consapevole e lungimirante. Una città “senz’anima è un’anima in pena, in cerca di dignità”, dicevamo all’inizio. Bene, che il 2016 sia l’anno dell’anima ritrovata e della dignità. Buon anno Taranto…

Alessandra Congedo

admin

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