Il procedimento è saltato poiché nel verbale d’udienza del 23 luglio scorso non è stato riportato il nome del difensore d’ufficio per dieci imputati i cui legali erano assenti quel giorno. Nome che invece compare nella sentenza del gup Vilma Gilli. Di fatto un errore, una svista, ma comunque per la Costituzione è una violazione del diritto di difesa.
È stato il procuratore aggiunto Pietro Argentino a sollevare l’eccezione sostenendo la nullità relativa –sanabile con una ordinanza della Corte- mentre la difesa ha chiesto la nullità assoluta, quindi il ritorno alla fase preliminare. In realtà la Procura temeva che una eventuale eccezione sollevata per esempio «in Cassazione» potesse pregiudicare il processo stesso. I tempi si allungheranno, inevitabilmente, ma «il rischio era di azzerare anni di lavoro» ha spiegato il procuratore Franco Sebastio.
Tutti gli atti saranno inviati all’ufficio del gup che potrebbe non essere più il giudice Vilma Gilli che a luglio aveva rinviato a giudizio 44 persone fisiche (ex vertici Ilva, politici, imprenditori e funzionari ministeriali e regionali) e 3 società (le accuse per “Ambiente Svenduto” vanno dall’avvelenamento delle acque o di sostanze alimentari all’associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale al getto pericoloso di cose, dall’omissione di cautele sui luoghi di lavoro che avrebbero causato, tra gli altri, due morti bianche, alla concussione, oltre a falsa testimonianza e favoreggiamento).
Ciò aprirebbe di conseguenza nuovi scenari per questo processo storico per Taranto. Un processo che non decolla ma che dopo già due rinvii -uno per omessa notifica e uno per lo sciopero dei penalisti- si ferma ora per chissà quanto tempo. Se da un lato questa brusca retromarcia può portare a uno scoramento nell’opinione pubblica, dall’altra fa capire quanto difficoltoso sarà questo processo: nella mole impressionante di carte anche una virgola o un rigo lasciato bianco potrebbero compromettere tutto. E tutti ne sono consapevoli.
Nicola Sammali
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