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Ilva, D’Amato (M5S): “Stefàno, altra occasione persa”

«Il sindaco di Taranto perde un’altra buona occasione per rappresentare come dovrebbe la cittadinanza inquinata e avvelenata». Ne è convinta Rosa D’Amato, portavoce Cinque Stelle al Parlamento Europeo. Di seguito la sua nota stampa.

Un giudice svizzero blocca il rientro del bottino dei Riva, custodito tuttora in cassaforte, utile secondo il Governo Renzi per avviare il processo della cosiddetta ‘ambientalizzazione’ della fabbrica… e cosa fa Ezio Stefano? Si mette alla testa delle città che ospitano impianti siderurgici e pone la questione produttiva al centro della scena politica e mediatica. O meglio, il sindaco di Taranto – con questa ennesima goffa rappresentazione della sua politica inconcludente – avalla la centralità delle esigenze produttive a scapito di ambiente e salute. E chiama a raccolta i sindaci per un incontro col Governo. Oggi, leggendo la stampa locale, aggiusta il tiro e devia dalla sua stessa lettera inviata ieri al ministro Guidi:  quantomeno cita la parola ‘ambiente’. Ma del dramma sanitario nella sua lettera su carta intestata municipale non v’è traccia! 

1) Stefano ha perso l’occasione di dire che ormai questo impianto è obsoleto e che un giudice svizzero ha rotto l’incantesimo renziano secondo il quale i fondi bloccati oltralpe potrebbero essere utilizzati con un artificio giuridico.

2) Stefano è’ un sindaco che non interpreta la comunità che amministra da ben otto anni. 

3) Stefano è solo la punta di una maggioranza che su ILVA è schiava delle posizioni ortodosse che il Pd ogni giorno conferma sulla vicenda ambientale.

4) Taranto patisce una emergenza sanitaria ma il medico Stefano si mette alla testa delle città industriali italiane bypassando  anni di lotta popolare e politica sull’ambiente. 

Il sindaco, sotto processo con altri imputati per l’inchiesta Ambiente Svenduto, mostra anche di non conoscere gli ultimi dati che parlano di una produzione in declino. Dati che, se letti attentamente, indurrebbero chiunque a chiedere un incontro al Governo per studiare la riconversione, come strumento di tutela occupazionale, e non la blindatura della siderurgia del Novecento. Come sostenuto tre giorni fa a Strasburgo, nel corso del dibattito in seduta plenaria del Parlamento Europeo, gli impianti siderurgici producono infatti 1,8 tonnellate di acciaio ma ne consumiamo solo uno e mezzo. 

Abbiamo trecento milioni di eccesso di capacità produttiva. L’eccesso aumenta ma il mercato non è in grado di assorbire l’offerta. Nel 2030 la quota dell’Unione europea scenderà al 9% della produzione mondiale; la Cina si attesterà al 51%. Dei primi 50 produttori mondiali, almeno 30 saranno cinesi, quelli europei solo 4. Dobbiamo valutare però anche la disponibilità delle riserve di ferro del pianeta, che si calcola sia di 65 anni ancora.  Le riserve si stanno esaurendo anche nel settore delle materie prime siderurgiche.

Per produrre più acciaio, occorre gonfiare la domanda economica globale, ad esempio con grandi opere inutili e con la produzione di un maggior numero di auto inutili?  Siamo chiamati a proporre alternative a questo fallimento economico ed ecologico. Bisogna capire di quanto acciaio abbiamo realmente bisogno e produrlo nel rispetto della sicurezza, della salute e dell’ambiente. Ciò implica anche la chiusura di stabilimenti obsoleti e investire in ricerca finalizzata alla sostenibilità, incentivare la riconversione nella green economy e nell’economia circolare. Il sindaco di Taranto apra la finestra della sua stanza municipale, guardi la realtà e immagini la città di domani. Questo si chiede alla Politica: pianificare il domani.

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