«Le rassicurazioni dell’EFSA sul glifosato sollevano seri dubbi sulla sua indipendenza scientifica. Buona parte del rapporto fa riferimento a studi non pubblicati commissionati dagli stessi produttori di glifosato. Le prove del rischio sono inconfutabili, ma a questo punto dobbiamo prendere atto che l’EFSA preferisce contrapporsi alla più autorevole agenzia di ricerca sul cancro a livello internazionale pur di non dispiacere grandi aziende di pesticidi, come Monsanto», afferma Federica Ferrario, Responsabile Campagna Agricoltura di Greenpeace Italia.
Nei prossimi mesi, la Commissione Europea si pronuncerà sull’utilizzo del glifosato nell’Unione dopo la scadenza – al 30 giugno 2016 – dell’attuale autorizzazione. Solo pochi mesi fa, a marzo, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), organo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, aveva classificato il glifosato come “probabilmente cancerogeno” per gli esseri umani [1].
Secondo le norme UE, un “presunto” legame con malattie tumorali significa che quel pesticida non può essere utilizzato, a meno che l’esposizione umana non risulti “trascurabile” [2]. Non è certo il caso del glifosato, il cui uso è talmente diffuso da rendere inevitabile l’esposizione. Questa sostanza si può infatti comunemente trovare nell’acqua, nei parchi cittadini, in aree agricole e negli alimenti.
I rischi per la salute associati all’uso del glifosato, inclusi i legami con le malattie tumorali, verranno investigati anche dall’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA). Ma la pubblicazione del rapporto dell’ECHA non è prevista prima del 2017.
«Dato che l’ECHA potrebbe dare una valutazione diversa da quella dell’EFSA, e che il mondo scientifico ha posizioni discordanti sul glifosato, non ha senso rinnovare per altri dieci anni l’autorizzazione di questo erbicida prima della fine di questo processo», conclude Ferrario.
Diverse organizzazioni che si occupano di salvaguardia dell’ambiente e di tutela della salute hanno chiesto un bando per tutti gli impieghi del glifosato nei casi di maggiore esposizione per persone e lavoratori [3]. Queste organizzazione hanno inoltre chiesto alla Commissione di tenere pienamente conto delle avvertenze dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e di consultare sia l’EFSA sia l’ECHA prima di prendere una decisione.
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