Dopo l’inattesa sorpresa iniziale, un senso di pace e riconoscenza invade il fortunato visitatore che esplora per la prima volta le coste del piccolo mare di Taranto. La sorpresa sopraggiunge quando ci si trova davanti a meravigliosi spettacoli naturali del tutto inaspettati in un luogo conosciuto come uno dei più inquinati d’Italia.
Così, si assiste increduli alla sfilata mattutina di aironi, fenicotteri e candide garzette nei bassi acquitrini della Palude La Vela sul secondo seno, o si trattiene il fiato ammirando le rapide evoluzioni dei cormorani che si tuffano in picchiata per pescare piccoli pesci davanti alla rigogliosa foce del fiume Galeso sul primo seno. E i fruscii dei canneti che costeggiano i corsi d’acqua, i mille versi degli uccelli che li popolano, i profumi umidi della terra e del mare, le alghe e le conchiglie spiaggiate, gli accesi colori dei tappeti di salicornia, i cieli all’alba e al tramonto che si specchiano sulle immobili superfici liquide.
Oltre al vincolo paesaggistico (160144) esteso su quasi tutte le coste del Mar Piccolo (escluse quelle su cui sorge Taranto, la città vecchia e parte del quartiere Tamburi), la Circumamrpiccolo e l’area intorno alla foce del fiume Galeso ricadono anche al’interno di un SIC, un Sito di Importanza Comunitaria definito “Mar Piccolo” (IT 9130004). Protezione ancora più rigorosa è riservata alla Palude La Vela, diventata Riserva Naturale Regionale (EUAP 1189) oltre che Oasi del Wwf. Questi luoghi così vulnerabili, e in particolare le aree lagunari e le foci dei piccoli fiumi (Galeso e Cervaro) racchiudono ancora miracolosamente piante e animali di notevole importanza naturalistica.
E proprio il Nono, sopravvissuto anche all’inquinamento del Mar Piccolo e che continua a nuotare frenetico insieme ai suoi simili, induce a riflettere su quale tesoro inestimabile è nelle nostre mani. Conoscere e ammirare tale patrimonio è il primo passo per proteggerlo e impedire che venga rovinato.
Dott.ssa Rossella Baldacconi
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Se la curiosità ci spinge ad addentrarci all’interno dei tratturi, lo stupore si moltiplica perché le varie stagioni regalano scenari naturali incredibili ma ormai dimenticati. La primavera colora le dolci collinette con i narcisi e gli anemoni viola, l’estate è la stagione dei grandi alberi di gelso e delle rosse giuggiole, l’autunno si tinge di giallo con i crochi che crescono sulla bianca pietra calcarea e, infine, l’in
verno lascia spazio alle verdi macchie di muschio.
Un patrimonio di tutti da non dimenticare perché può essere un gran serbatoio di lavoro per il futuro. Le passeggiate fra i tratturi, le attività di birdwatching, le ippovie, le visite nelle masserie, i percorsi di interesse geologico lungo le grotte carsiche che costeggiano il canale D’Ajedda e il riutilizzo dell’antica ferrovia possono far vivere in modo ecocompatibile l’area creando opportunità per un turismo amante di spazi così ricchi di storia e natura. Il futuro di questo territorio si può disegnare a piccoli passi evitando ogni tipo di impatto, anzi valorizzandone le sue peculiarità non solo perché area di interesse comunitario ma soprattutto perché “area di vera bellezza della comunità”.
Prof.ssa Enza Tomaselli
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