«Il Mar Piccolo non è una discarica» – Una denuncia che parla al cuore dei tarantini

TARANTO – Forse molti tarantini sono ormai abituati e rassegnati a vedere montagne di rifiuti sulle sponde del Mar Piccolo: bottiglie, polistirolo, moltitudini di retine di plastica per le cozze, buste, reti, boe, cime, mobili, elettrodomestici, mattoni, sacchi di cemento, copertoni. I rifiuti citati sono solo quelli che ho osservato ieri in un tratto di costa vicino al fiume Galeso, tratto che ricade in una zona di vincolo paesaggistico così definita “Area costiera del Mar Piccolo caratterizzata dalla presenza di estese pinete e dalla foce del fiume Galeso fiancheggiato da una foresta di eucalipti”.

Ebbene più che una zona sottoposta a vincolo, la povera costa decantata per secoli da poeti e scrittori come uno dei luoghi più belli al mondo, sembra una discarica a cielo aperto, in cui i rifiuti sono ammassati in cumuli nel delicato ambiente di transizione tra la terra e il mare, e sono così tanti e così stratificati che la vegetazione costiera addirittura ci cresce sopra.

Io non mi abituerò mai a questo scempio, non mi rassegnerò mai a questo spettacolo vergognoso, specchio delle miserie di Taranto. C’è chi ha cercato di opporsi alla tendenza distruttiva, armandosi di buona volontà e ripulendo estesi tratti costieri sia in Mar Piccolo che in Mar Grande. Mi riferisco ai ragazzi di Plasticaqquà che hanno cercato di arginare il degrado, hanno provato a curare luoghi abbandonati e dimenticati da decenni. Ammirevole impresa ma impossibile da portare a termine se si è soli, se la maggior parte della cittadinanza non ha cura del proprio territorio, se chi frequenta il Mar Piccolo continua a considerarlo come un luogo in cui abbandonare i proprio rifiuti.

Da mesi e mesi si parla di bonifica del Mar Piccolo e relativi metodi più o meno invasivi, alcuni addirittura controproducenti, e di quale sia il più idoneo per “salvare” il piccolo mare che finora si è salvato da solo. Grazie alla sua capacità di autodepurazione e grazie ai vitali citri, le sorgenti di fredda acqua ipogea che sanano da sempre il Mar Piccolo, la sua meravigliosa comunità marina continua a vivere nonostante il gravissimo inquinamento ambientale, nonostante il degrado e la dimenticanza.

Ma non sarebbe il caso di aiutare la Natura eliminando almeno la gigantesca quantità di rifiuti che grava sul paesaggio costiero e lo avvelena non meno degli inquinanti “invisibili”? Non sarebbe un buon punto di partenza sanare le sponde, ripulirle, curare la vegetazione riparia e monitorare costantemente il vulnerabile ambiente di transizione per impedire che torni ad essere la vergognosa discarica che purtroppo è diventato?

Qualcuno leggendo queste righe penserà che Taranto ha problemi ben più seri del degrado dei suoi mari o di qualche rifiuto abbandonato sulle sue coste. Non è così, il veleno di Taranto e dei suoi abitanti è proprio questo, non prendersi cura del proprio territorio, non proteggerlo e amarlo come fosse la propria casa, rassegnarsi all’inciviltà di molti e non prendere ad esempio la buona volontà di pochi.

Rossella Baldacconi, Dottore di Ricerca (PhD) in Scienze Ambientali  

 

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