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Il “polverino” dell’Ilva finito in una discarica interdetta per mafia

Nove mila tonnellate di «polverino», uno scarto di lavorazione delle acciaierie Ilva di Taranto, sono state mandate per lo smaltimento a Melilli, in Sicilia, in una discarica interdetta per mafia. A spiegare i dettagli della vicenda – riportata ieri sul sito Corriere Tv –  è il giornalista Saul Caia. Si parte dalla decisione della Prefettura di Siracusa, presa nella prima decade di aprile, di interdire la Cisma Ambiente Spa, società proprietaria della discarica in contrada «Bagali» nel comune di Melilli, in provincia di Siracusa, perché sussiste “il pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata”.
Una settimana più tardi, dall’Ilva di Taranto passando per il porto di Augusta, sono arrivati in quella discarica – tramite la nave «Rita Br»-  9 mila tonnellate di «polverino d’altoforno», uno scarto di lavorazione dell’acciaieria classificato non pericoloso, diretto proprio nella discarica melillese che con i suoi 550 mila metri cubi è da considerarsi tra i più tecnologici impianti d’Italia per il ricondizionamento e recupero di rifiuti industriali, pericolosi e non.

L’Ilva, contattata da il Corriere.it per avere chiarimenti, ha fatto sapere che il rapporto con Cisma è stato siglato «dopo le dovute verifiche autorizzative, finanziarie e di sicurezza fatte nell’ordine da ECO, dal Commerciale e da vigilanza Taranto», inoltre è «possibile che tali eventi non risultassero ancora nella documentazione verificata». Di seguito il video relativo all’inchiesta giornalistica e l’articolo nella versione integrale: http://video.corriere.it/i-rifiuti-pericolosi-dell-ilva-smaltiti-discarica-interdetta-siciliana-interdetta-mafia/78bca604-2f91-11e5-882b-b3496f35c4c0

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