“Lo stabilimento – ha aggiunto Faticanti – senza un sistema di appalti rischia non solo da un punto di vista della sicurezza, ma anche da altri punti di vista. Per noi è fondamentale che all’interno anche di un accordo su un sistema di gestione di legalità degli appalti vengano tutelati i lavoratori che fino a oggi hanno lavorato nell’Ilva”. La seconda questione posta dalla Fiom riguarda il percorso “del nuovo management. Noi – ha spiegato il responsabile nazionale siderurgia della Fiom – siamo d’accordo con l’operazione fatta dal governo, e anzi pensiamo che l’abbia fatta con due anni di ritardo. Auspichiamo che l’Ilva diventi un’azienda normale da tutti i punti di vista, normale nelle relazioni industriali, nelle relazioni sindacali, normale nel rapporto con la città, rispettosa del fatto che c’è un problema ambientale che non si può eludere”. “Noi – ha concluso Faticanti – siamo per tenere insieme sviluppo industriale e questione ambientale. Ci aspettiamo che l’Ilva segni un cambio di marcia con la gestione precedente, che ci ha portati in queste condizioni, e questo cambio di marcia deve esserci nelle azioni concrete”.
Intanto, in merito alle risorse che arriveranno nelle casse dell’Ilva, a breve si potrà incassare l’assegno dell’istituto di credito Intesa Sanpaolo, che dovrebbe partecipare con 50 milioni all’interno dell’operazione che a fine aprile ha beneficiato della garanzia dello Stato disposta dal Tesoro, per un finanziamento da 400 milioni, che lunedì ha ottenuto l’ok della Corte dei Conti. Lo scrive ‘Il Messaggero’: la delibera presa dagli organi di Intesa Sanpaolo sarebbe, secondo il giornale, subordinata alla partecipazione del Banco Popolare. I due istituti, più Unicredit, l’estate scorsa hanno erogato a Ilva un finanziamento-ponte in prededuzione (priorità nel rimborso) da 250 milioni che, invece, è stato risucchiato nella nuova amministrazione straordinaria entrata in vigore con il decreto di febbraio. Unicredit si è tirata fuori dal nuovo finanziamento chiesto dai tre commissari e, anzi, sarebbe rientrata dalle esposizioni.
Infatti dalla Centrale rischi di Bankitalia, aggiornata a marzo scorso, risulta che il gruppo siderurgico ha sconfinato: su un accordato totale di 964 milioni, l’utilizzato si attesta a 1,356 miliardi di euro. Le forme tecniche più squilibrate sono i fidi a scadenza (859 milioni utilizzati su 455 concessi) e a revoca (203 utilizzati su 5 milioni). Con il passo indietro di Unicredit, l’onere di affiancare la Cassa sarebbe rimasto a Intesa e Banco Popolare. Quest’ultimo, che martedì ha riunito il Cda, non avrebbe ancora deciso ma sarebbe orientato a partecipare al finanziamento con un importo inferiore a quello dell’altra banca, rendendo possibile la manovra a supporto dello scongelamento dei fondi dei Riva da utilizzare per l’attuazione del piano ambientale.
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