Per queste ragioni, nella petizione si chiede un intervento dell’Unione europea per ridurre tali valori massimi. “Sono contenta che i colleghi del Parlamento abbiano condiviso la mia posizione – dice la D’Amato -. L’impressione che si ha è che sia la Commissione Ue che il governo italiano stiano in realtà perdendo tempo prezioso pur di evitare di prendere decisioni impopolari ma che salvaguardano l’ambiente e la salute. Si dice che le emissioni a Taranto siano diminuite, dando i meriti di ciò all’applicazione delle prescrizioni dell’Aia, ma in realtà si tratta solo di una diminuzione temporanea dettata dal calo della produzione. Semmai il piano del governo di rilanciare lo stabilimento dovesse avere successo, cosa in cui non credo, le emissioni torneranno ai livelli che hanno ucciso e continuano a uccidere Taranto e i tarantini. Il decreto Salva Ilva non sta sanando nessuna delle cause dell’inquinamento legate allo stabilimento – prosegue l’eurodeputata tarantina -. E l’Ue che fa? Finanzia con fondi della Bei lo stabilimento”. “Alla Commissione – conclude – chiediamo di far rispettare le regole, in particolare quelle della direttiva 98/2008/CE al fine di tutelare salute umana e ambiente. Taranto è un pezzo di Europa: Bruxelles non lo dimentichi”.
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