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Porto di Taranto, sono tutti in attesa

TARANTO – E’ prevista non prima dell’8 aprile la convocazione del nuovo tavolo sul porto di Taranto da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Questo perché la vicenda dello scalo ionico è seguita in prima persona dal sottosegretario Graziano Delrio, che in molti danno come favorito per occupare la poltrona del ministero dei Trasporti, occupata temporaneamente dal presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi dopo le dimissioni dell’ex ministro Maurizio Lupi. Durante il prossimo vertice romano si dovrà fare piena e definitiva chiarezza su due fattori in particolare. In primis la proroga del trattamento di Cassa integrazione straordinaria per i 570 lavoratori della TCT (Taranto terminal container), che scadrà il prossimo 28 maggio. L’ammortizzatore sociale deve infatti essere prorogato per il quarto anno consecutivo, visti i mancati investimenti da parte della società terminalista (7 milioni di euro programmati per il revamping delle gru presenti e l’acquisto di altre nuove), il rischio del mancato rinnovo della cigs è più che mai concreto. Gli investimenti sono legati a doppio filo al destino dei 540 lavoratori, senza dimenticare l’indotto su cui gravitano le attività del porto pugliese. Come ad esempio quelle degli autotrasportatori, che negli ultimi anni hanno visto crollare la propria attività sul terminal pugliese.

Secondo l’associazione dell’autotrasporto Trasportounito, le istituzioni stanno dimenticando le richieste avanzate alla fine del 2014 dagli autotrasportatori di Taranto, che da settimane non vedono più neppure un container sbarcare sulle banchine del porto. “L’attenzione oggi è tutta dedicata al rinnovo della cassa integrazione per i lavoratori portuali – sottolinea Trasportounito -, mentre le difficoltà dell’autotrasporto sono ignorate. Nel frattempo, non si sa ancora se Evergreen, che era rimasta l’ultima compagnia a scalare a Taranto, continuerà a farlo anche al termine dei lavori di ristrutturazione. Gli autotrasportatori hanno chiesto soluzioni provvisorie per consentire lo scarico almeno delle portacontainer feeder”. “Dopo aver pagato a proprie spese i ritardi dovuti alla cantierizzazione di parte delle opere di ammodernamento dello scalo, le aziende – già vittime di una contesa milionaria degli appalti che ha trovato terreno fertile nei cavilli di una burocrazia antiquata e farraginosa – rischiano ora di essere ulteriormente danneggiate da un’eventuale chiusura anticipata con TCT, che le esporrebbe al rischio di nuovi contenziosi di carattere legale, con l’unico risultato di prolungarne l’agonia”, spiega Trasportounito in una nota.

Ed il secondo fattore da valutare nel vertice romano sarà infatti capire una volta e per tutte cosa hanno deciso di fare le società terminaliste. L’addio definitivo di Evergreen (che detiene il 40% della Tct, mentre Hutchinson Whampoa possiede il 50% e Gsi gruppo Maneschi il 10%), sarebbe del resto il passo finale di un disimpegno iniziato nel settembre del 2011 quando furono dirottate al porto del Pireo due linee internazionali su quattro del traffico merci, e proseguito poi con la decisione dello scorso 21 settembre con cui Evergreen cancellò dal suo sito istituzionale Taranto come approdo delle navi oceaniche. Tra l’altro nei giorni scorsi pare sia giunta una lettera alla presidenza del Consiglio dei Ministri da parte della Luanta N.V., una holding finanziaria della società taiwanese Evergreen (con sede a Rotterdam in Olanda), nella quale viene enunciato il disimpegno totale per quanto riguarda le attività presso lo scalo ionico. Intanto, dopo tre anni consecutivi chiusi in perdita, nel 2014 il gruppo armatoriale Evergreen Marine Corporation è tornato ad un risultato di segno positivo avendo registrato un utile netto di 2,05 miliardi di dollari di Taiwan (66 milioni di dollari USA) rispetto ad una perdita netta di -2,05 miliardi di dollari di Taiwan nell’esercizio annuale precedente. Lo scorso anno il gruppo ha totalizzato ricavi per 144,28 miliardi di dollari di Taiwan, in crescita del +3,6% sul 2013. Dato che certamente non pone a favore del porto di Taranto.

 

Gianmario Leone


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