“Vediamo morire ogni giorno un terminal ormai vuoto, fermo e sterile”, denuncia il comitato. Considerato poi che i tempi della politica non sono mai stati celeri, “nessuno immaginava che venisse sprecato tutto questo tempo. Assistiamo da parte delle istituzioni – prosegue – ad atteggiamenti di interesse animati da molta passione ed energia nel proclamare immediate soluzioni ma solo a parole, a colpi di slogan. Non basta – commentano -: serve che alle parole facciano seguito i fatti. È incomprensibile che per noi lavoratori non si trovi una risoluzione davvero definitiva. Sembra manchi la volontà e la coesione per fronteggiare un simile dramma che coinvolge 530 famiglie”. Il 28 maggio è vicino e i dipendenti TCT sono prossimi alla scadenza degli ammortizzatori sociali, mentre “assistiamo inermi – dicono i rappresentanti del comitato – alla risoluzione in tempi rapidi di analoghe vertenze. Noi siamo in attesa di risposte da quasi 6 mesi ed è davvero incredibile ed incomprensibile come si possa aspettare tutto questo tempo senza fare nulla di davvero concreto e risolutivo”.
Secondo il comitato “Il porto di Taranto non deve morire” “tutto questo è deludente e sconcertante, c’è un silenzio davvero assordante. Siamo sempre più preoccupati, bisogna fare presto il tempo è ormai scaduto. Che fine faremo? Quale futuro occupazionale dobbiamo immaginarci? Ci sono 530 famiglie che aspettano risposte, senza considerare l’indotto che naturalmente soffre di riflesso la stessa nostra situazione”. “Il porto di Taranto non deve morire” chiede un’attenzione maggiore nei loro confronti. Inoltre, annunciano che se non dovessero giungere adeguate risposte i lavoratori si dicono pronti a mobilitarsi e a organizzare altre manifestazioni di protesta. “Noi siamo stanchi, depauperati ed avviliti – conclude il Comitato -. Il lavoro è dignità ma c’è qualcuno che ce la sta calpestando quotidianamente”.
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