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Un campeggio. Un addio. Un ricordo che brucia ancora

TARANTO – Ho sempre pensato che quel giorno del giugno di 14 anni fa, non andarono in fumo soltanto ettari ed ettari di macchia mediterranea. E decine e decine di meastosi pini, in quello che da sempre viene definito come il punto più bello della nostra litoranea. Quel giorno, ho sempre pensato, andò in fumo un’epoca. Una storia fatta di uomini, donne, giovani, bambini e dei loro ricordi. Andarono in fumo sogni, gioie, speranze e giovani dolori. Ma soprattutto si sfaldarono come tanti piccoli sottili pezzi di cenere, legami e rapporti di anni di giovani adolescenti. E di adulti amanti della libertà.Di questo ne ho avuto triste conferma nel giorno del tuo funerale. Eri un brav’uomo, Pino. E quel campeggio te lo portavi nel cuore. Non ho mai creduto alla teoria secondo cui nella vita tutto ha un inizio e una fine.

Questo può valere soltanto in merito alla morte. Per il resto, ho sempre pensato, in ogni ambito della vita gli eventi accadono per la volontà o la non volontà degli uomini. Quel campeggio non si è incendiato da solo. E’ stato incendiato. Volutamente. Per fini prettamente cinici, o economici se volete. Ma di questo si trattò. E’ una ferita che non si è mai rimarginata. E che mai si rimarginerà.Quel campeggio, per tanti se non per tutti, era una sorta di magico rifugio dal caos della realtà. Dai problemi, dalle preoccupazioni. Da tutto. Era una vera e propria oasi. Di libertà. E di felciità. Tutto il mondo restava al di fuori. E niente mancava. Qualcuno dirà: eravate giovani. Adolescenti, ragazzini, molti ancora bambini. Sarà. Resta il fatto che l’incendio che divampò non avvenne certo per volontà divina. E che da quell’estate maledetta del 2001 tante cose cambiarono. In peggio ovviamente. Fondamentalmente ci si sfaldò. Ci si perse per strada.

Ci si allontanò. Ci si divise. Si cambiò. Tutti. In peggio. Si diventò cinici, meno sensibili, in tanti cambiarono così radicalmente da non credere che fossero le stesse persone di sempre. La rabbia e la cattiveria si impossesarono dell’anima di molti.Non credo che tutto questo sarebbe accaduto senza quell’incendio. E sono certo, caro Pino, che tu l’hai sempre pensata in questo modo. Ti ricordo sorridente, con la tua perenne sigaretta penzolante tra le labbra, in costume e a petto nudo, in quel campeggio era libero di essere ciò che era. Ti piaceva stare tra noi giovani. C’era un bel legame tra me e te. Spesso ci si capiva al volo. E poi vedere il tuo Davide pieno di amici, contento, felice, libero come tutti noi, era per te un gran sollievo. Eravamo in pochi l’altro pomeriggio in chiesa. Intendo noi di quella generazione. Non so perché.

Molti non avranno saputo. Molti non vivono più qui da tanti anni. Molti hanno dimenticato o rimosso. C’è poco da dirti o da dirci. Le cose sono cambiate forse irreversibilmente tanti anni fa. E non credo torneranno più come un tempo. Vivranno e vivrai nei nostri ricordi, questo è certo. Chissà se ci osservavi l’altro pomeriggio con il tuo sorriso burbero. Sicuramente però, dopo averci salutato sei tornato lì. In quel campeggio. E t’immagino darci le spalle per un’ultima volta mentre scendi le scalette che portano alla spiaggia “B” del campeggio, pronto per l’ultima, eterna nuotata. Fa buon viaggio, se puoi.

Gianmario Leone
www.inchiostroverde.it

 

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