Per Durigon “il libero mercato ha già decretato la morte della siderurgia italiana, vittima anche di una grande ipocrisia che si è consumata intorno a questo settore e soprattutto intorno all’Ilva di Taranto. A piccoli pezzi l’Ilva chiude nonostante siano stati spesi fondi pubblici; si spegne l’altoforno 5 con danni incalcolabili all’economia del territorio. Nel frattempo l’inquinamento ha praticamente distrutto l’itticoltura e danneggiato gravemente l’agricoltura, l’allevamento di ovini e la produzione di formaggi, in territori distanti anche molti chilometri dallo stabilimento. La città, nonostante la meravigliosa posizione geografica, la presenza di uno dei più straordinari musei archeologici del Mediterraneo e di un notevole patrimonio storico monumentale, ancorché degradato, nel borgo antico, è tagliata fuori dall’importante presenza del turismo in territori limitrofi (come il Salento leccese e la Valle d’Itria), anche e soprattutto a causa delle ricadute d’immagine legate alla vicenda dell’Ilva”.
“Per l’Ugl – ha concluso Durigon – si tratta di una immane e dolorosa tragedia, che vede gli operai con contratti di solidarietà salire da 1200 a 4000. La principale preoccupazione è che questa situazione catastrofica possa scatenare una forte protesta sociale, in cui alla base c’è soprattutto il terribile conflitto fra diritto alla salute e diritto al lavoro”.
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