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Ilva, cambiano i dirigenti – Si ferma l’Afo 5

TARANTO – Rotolano teste nell’Ilva in amministrazione straordinaria. Cesare Ranieri è infatti da ieri il nuovo direttore centrale delle risorse umane del gruppo Ilva. Ranieri proviene da Terna, dove si occupava dello stesso settore (sostituisce Enrico De Martino, che ha occupato il ruolo dal 2012). La nomina rientra nel piano di rilancio e rafforzamento organizzativo e competitivo dell’azienda cui si sta dedicando il nuovo direttore generale, Massimo Rosini, insediatosi poco più di un mese fa dopo essere stato in Indesit. E non è la sola: il direttore centrale, Giancarlo Quaranta, che sino a ieri si è occupato dalla produzione di tutti i siti Ilva, si dedicherà invece a innovazione e sviluppo delle tecnologie, mentre assume l’incarico di direttore centrale operations Antonino Gambuzza, altra new entry nell’azienda.

Intanto il 6 marzo la società Fintecna, controllata al 100% dalla Cassa Depositi e Prestiti, ha versato 156 milioni di euro in favore dell’Ilva, come liquidazione definitiva di un contenzioso che risale alla cessione della più importante azienda siderurgica italiana dallo Stato ai privati nel lontano 1995. “I fondi sono stati trasferiti a Ilva a titolo di indennizzo secondo modalità e tempistiche previste dagli accordi, e pertanto, sono già nella piena disponibilità dei Commissari straordinari di Ilva”, dice una nota di Cassa Depositi e Prestiti. La transazione era prevista dall’ultimo decreto su Ilva varato dal governo prima di Natale e poi convertito in legge ad inizio marzo. Ilva può contare attualmente su una linea di credito di circa 160 milioni di euro da parte di Intesa Sanpaolo. La nuova legge prevede anche la possibilità per la società di ottenere un finanziamento, garantito dallo Stato, fino a 400 milioni di euro per investimenti necessari al risanamento ambientale e a “ricerca, sviluppo e innovazione, formazione e occupazione”. In attesa degli 1,2 miliardi di euro della famiglia Riva (ufficialmente ancora proprietaria dell’87% dell’azienda) sequestrati dalla magistratura milanese nell’ambito per un’inchiesta su una truffa ai danni dello Stato.

Intanto sono iniziate le operazione per la fermata dell’altoforno 5. Il più grande altoforno europeo sarà fermato dopo oltre 20 anni nella notte tra il 12 e 13, per essere sottoposto ai lavori non più rinviabili e previsti dall’Autorizzazione integrata ambientale (AIA). In attesa di capire e comprendere quante risorse investire (il commissario Gnudi, in un’audizione in Parlamento dei mesi scorsi, ha indicato una stima di circa 250 milioni), è previsto che lo stop dell’altoforno 5 possa durare sei mesi. Con lo stop dell’altoforno 5, l’Ilva passerà, per quanto concerne la produzione giornaliera di ghisa, da 16.500 a circa 10-11mila tonnellate, che saranno garantite dagli altiforni 2 e 4. L’azienda marcerà dunque con due altiforni su quattro perché l’altoforno 1 – fermo dal dicembre 2012 per lavori AIA – non dovrebbe ripartire prima di agosto. Tra il 17 e il 20 marzo, secondo quanto comunicato dai sindacati – dovrebbe fermarsi anche l’acciaieria 1.

Previsto anche un incontro tra i trasportatori e l’azienda, per dare atto all’accordo raggiunto a Roma nei giorni scorsi. L’azienda si è detta disponibile a versare il 60% di acconto sulle nuove commesse (dal 15 marzo e sino ad agosto), a saldare il resto entro 30 giorni, e a verificare la possibilità di venire incontro alle richieste della categoria a proposito dei crediti pregressi, precedenti all’entrata in amministrazione straordinaria (che è stata estesa anche a sei società controllate dall’Ilva. Ilvaform, Innse Cilindri, Ilva servizi marittimi, Sanac, Taranto Energia e Lyonnaise Deroulage SA): in caso contrario riprenderanno le proteste con relativi blocchi.

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