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Ilva: anche la Taranto Energia in amministrazione straordinaria

TARANTO – Lo scorso 20 febbraio la società Taranto Energia Sri, con sede a Milano, è stata anch’essa ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria (a norma dell’art. 3, comma 3, del decreto legge 347/03). La centrale di Taranto Energia è costituita dagli impianti denominati CET2 e CET3, situati all’interno dello stabilimento siderurgico e fornisce energia elettrica e vapore allo stabilimento Ilva di Taranto. Soltanto nel 2014, sono stati ben tre i blocchi subiti dalla centrale per diverse disfunzioni dovute anche alla mancata manutenzione. Blocchi che comportarono la riduzione dell’attività produttiva. In molti pensano, o pensavano, che fosse la centrale ad alimentare altiforni e acciaierie. In realtà accade esattamente il contrario: sono invece i gas di lavorazione che provengono da cokerie e altiforni ad alimentare la centrale e che servono a far marciare gli impianti a valle dell’area a caldo come i laminatoi e i treni nastri.

L’impianto CET2, della potenza elettrica complessiva di circa 480 MW, è in funzione dal 1975. È del tipo termoelettrico tradizionale ed è composto da tre unità monoblocco simili tra loro che producono energia elettrica e vapore utilizzando come combustibili i gas COKE, gas AFO e gas LDG prodotti dai processi dello stabilimento siderurgico e, se necessario, olio combustibile e gas naturale. Ognuna delle unità è costituita da un generatore di vapore, una turbina a vapore, un condensatore ad acqua di mare, un alternatore, un trasformatore elevatore e un serbatoio olio combustibile. I gas siderurgici e il gas naturale, provenienti da reti dello stabilimento siderurgico, sono trasferiti con dei gasdotti direttamente alle caldaie; l’impianto può utilizzare anche olio combustibile ma al momento tale combustibile non è impiegato. L’acqua demineralizzata per il reintegro delle caldaie dell’impianto CET2 proviene direttamente dalla rete dello stabilimento siderurgico. Per la condensazione del vapore e per il raffreddamento degli impianti ausiliari viene utilizzata acqua di mare, fornita dallo stabilimento siderurgico, che proviene dal Mar Piccolo di Taranto. Una parte delle acque in uscita dai condensatori/scambiatori viene utilizzata per successivi usi di processo.

L’energia elettrica prodotta dall’impianto CET2 è ceduta allo stabilimento siderurgico alla tensione di 66 kV. L’impianto CET2 fornisce, a richiesta, vapore allo stabilimento siderurgico a 2,0 MPa. L’impianto CET3, della potenza elettrica complessiva di 564 MW, è in funzione dal 1996. È del tipo a ciclo combinato con cogenerazione ed è composto da un sistema di trattamento e miscelazione dei gas siderurgici, da impianti ausiliari tra cui quello per il trattamento acque reflue e da tre unità identiche che producono energia elettrica e vapore utilizzando come combustibili i gas siderurgici integrati con gas naturale.

Ognuna delle unità è costituita da un sistema di compressione dei gas siderurgici, una torre evaporativa per il raffreddamento del compressore, un turbogas (TG), un alternatore e un trasformatore elevatore (per il TG), un generatore di vapore a recupero, una turbina a vapore (TV), un alternatore e un trasformatore elevatore (per la TV). I gas siderurgici che pervengono all’impianto CET3, prima della loro immissione nella camera di combustione del turbogas, passano attraverso un impianto di depurazione in grado di eliminare qualsiasi contaminante che potrebbe danneggiare le turbine e, al tempo stesso, si riduce l’impatto in atmosfera dovuto alla loro combustione.

Sulla linea coke è predisposto un sistema di tre filtri decatramatori in parallelo provvisti di un separatore acqua-catrame; sulla linea sono posti due elettrofiltri in parallelo. Successivamente il gas coke e il gas vengono miscelati al gas AFO, e la miscela viene fatta passare attraverso tre elettrofiltri depolveratori ed inviata al sistema di compressione in tre stadi che la porta alla pressione di circa 2,0 MPa prima della miscelazione con il gas naturale. La miscela dei quattro gas viene quindi immessa nella camera di combustione della turbina a gas. I gas di scarico del turbogas confluiscono nel generatore di vapore a recupero che produce vapore a tre livelli di pressione utilizzato per alimentare la turbina a vapore, per abbattere gli NOx nel caso di funzionamento esclusivamente a gas naturale e per lo stabilimento siderurgico.

Nell’ottobre del 2011 (la notizia la anticipammo nell’aprile dello stesso anno) la Edison cedette all’Ilva Spa controllata all’87 dal gruppo Riva FIRE le centrali termoelettriche di “Taranto Energia” per 164,4 milioni di euro. Ai Riva fu ceduto l’intero capitale sociale di “Taranto Energia”, società nella quale Edison conferì il ramo d’azienda costituito dalle centrali termoelettriche CET 2 e CET 3, situate all’interno del siderurgico. Qualche giorno prima, il 30 settembre 2011, la Commissione europea dette il via libera all’acquisizione di “Taranto Energia” (società veicolo di Edison) da parte di Ilva: l’operazione venne esaminata sotto procedura semplificata. Come riportammo nel dicembre del 2012 nel silenzio più assoluto, il 16 dicembre del 2010 la Riva FIRE S.p.A ottenne dalla Banca europea per gli investimenti un prestito di ben 400 milioni di euro a favore della società: 200 milioni subito ed ulteriori 200 concessi il 3 febbraio 2012. Tra l’altro si trattava di finanziamenti ben scorporati: 140 alla Ilva S.p.A. e 60 alla Rive FIRE S.p.A.

Il progetto, si leggeva sul sito ufficiale della BEI, riguardava un programma di investimenti “in un impianto in acciaio di grandi dimensioni”. Lo scopo era quello di mantenere la competitività del sito attraverso un vasto programma di investimenti per “migliorare le strutture di produzione, migliorare la produttività dell’azienda facilitando nel contempo l’efficienza energetica e riducendo l’impatto ambientale”. Il progetto veniva giudicato come la “chiave” per la competitività di costo dell’impianto e della sua sostenibilità a lungo termine (tecnica, ambientale e finanziaria), oltre che per “consolidare la diretta e indiretta significativa occupazione dell’azienda”. Inoltre, l’efficienza energetica e gli investimenti ambientali comporteranno “una riduzione dei gas a effetto serra (gas serra) delle emissioni dell’impianto, che sarà certificato dall’Istituto Italiano per l’Assicurazione della Qualità”. Inoltre, alla voce approvvigionamenti, si leggeva che l’Ilva “dovrebbe ottenere attrezzature e servizi per il progetto tra le poche società di ingegneria specializzate, utilizzando negoziati internazionali. Questa procedura, che è abituale nel settore, sarebbe nel migliore interesse del progetto e in linea con la politica di approvvigionamento della Banca per i progetti del settore privato”.

A tal proposito, ci siamo sempre posti diversi quesiti. Primo: enti locali (Comune e Provincia di Taranto, Regione Puglia) e governo sono mai stati a conoscenza di questo finanziamento della BEI? E i sindacati? Secondo: come sono stati utilizzati questi soldi dal gruppo Riva? Terzo: perché da anni si propongono nuovi interventi a favore dell’Ilva se soltanto nel 2012 fa il gruppo Riva e quindi l’Ilva Spa ottennero un prestito da 400 milioni di euro erogato dalla BEI? Quei soldi sono mai arrivati nella casse dell’Ilva? E se sì, sono stati mai utilizzati tutti o in parte? E se sì, per farne cosa? Non avendo mai ottenuto alcuna risposta, avanzammo l’’idea che parte di quei soldi potessero essere serviti per acquistare, o se volete ammortizzare i costi, le centrali Edison di Taranto Energia, derivanti dal nome del progetto per cui quel prestito fu ottenuto (“Riva Taranto Energia & Ambiente”) e dall’obiettivo del progetto (“migliorare le strutture di produzione, migliorare la produttività dell’azienda facilitando nel contempo l’efficienza energetica e riducendo l’impatto ambientale”). Chissà se conosceremo mai la verità.

Gianmario Leone

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