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Ance Taranto: “Clausola sociale rischia di diventare scelta obbligata”

Il ricorso alla clausola sociale rischia di divenire sempre più scelta obbligata per la soluzione di vicende produttive ed occupazionali intricate e complesse. Proprio questo si è cercato di fare con l’accordo recentemente siglato nel quale l’Autorità Portuale di Taranto si è impegnata ad inserire nei bandi di gara per opere pubbliche e servizi o nell’invito in caso di procedure senza bando una clausola sociale finalizzata alla tutela occupazionale dei lavoratori licenziati espulsi dal ciclo produttivo di alcune aziende dell’indotto portuale. Per effetto della clausola sociale le aziende che si aggiudicheranno i lavori, in caso di nuove assunzioni dovranno, compatibilmente con le esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva, rivolgersi prioritariamente a questi lavoratori.

Del tutto comprensibile l’azione svolta per fronteggiare la vertenza e provare a salvaguardare il reddito dei lavoratori licenziati, pur se a fronte di possibili mutamenti di settore produttivo di approdo. Altrettanto naturale, guardando agli imponenti investimenti che si andranno a realizzare nel nostro porto, la scelta compiuta di far convergere l’emergenza occupazionale nel più ampio programma di ampliamento ed adeguamento della struttura del Porto di Taranto, reso necessario dalle pressanti esigenza di mercato e di competitività dello scalo.

Proprio la conclusione di questa vertenza mette in evidenza come una tale soluzione, se può essere utile a tamponare emorragie occupazionali in un territorio colpito da una gravissima congiuntura economica, fuori dai tradizionali ambiti di utilizzo è quasi sempre un’azione difensiva e di respiro corto dettata dall’emergenza. Se guardiamo ai grandi appalti ed alle grandi committenze, forse è il caso di pensare di intervenire a monte, con un’azione di sistema che punti ad integrare nella filiera della realizzazione non solo alcuni lavoratori da reimpiegare, ma un insieme di imprese e maestranze espressione della capacità competitiva del territorio.

Non soltanto il porto dunque ma anche e soprattutto quella miriade di interventi pubblici presi d’assalto da aziende esterne al territorio che lasciano in loco qualche subappalto e qualche occupato a tempo molto determinato. Questa amara considerazione serve a chiedere con forza un impegno proficuo e fattivo affinché il complessivo sistema di piccole e medie imprese possa competere e partecipare alle opportunità che si presenteranno sul territorio, alla luce anche dei finanziamenti previsti dal decreto 1/2015. Dalla clausola sociale, dunque, si potrebbe passare a clausole trasparenti di territorio in grado di arricchire la filiera dell’esecuzione delle grandi opera con la presenza e la partecipazione delle pmi realizzatrici e fornitrici, che se rafforzate possono garantire quell’occupazione stabile e qualificata che deve restare l’obiettivo da perseguire.

Serve un rinnovato spirito di collaborazione tra istituzioni ed imprese, serve costruire un modello operativo virtuoso che programmi sviluppo condiviso e possibile in una visione complessiva delle direttrici d’azione e che releghi finalmente in soffitta interventi-tampone ed emergenziali che negli ultimi tempi hanno contraddistinto la vita economica di questo territorio.

ANCE Taranto – Sezione Costruttori Edili di Confindustria Taranto

 

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