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“L’Ilva cade a pezzi e anche il sottosuolo non la regge più”

Sessanta anni di abbandoni, noncuranze e stupri di suolo, sottosuolo mare ed atmosfera da parte di proprietari, gestori e tecnici responsabili dello stabilimento Ilva si avvertono tutti e con tutta la loro pesantezza. La morte di quella fabbrica è ormai segnata, ogni giorno che passa è solo un giorno in più tolto alla rinascita della terra jonica. Credere che l’acciaieria sopravviverà ancora per altri 20 anni non è solo utopistico ma anche folle. Le ultime unità lavorative (ridotte all’osso) devono capire che quel “mostro” è come un macigno che ha già da un po’ intrapreso la sua caduta libera e che non si arresterà, se si vorrà proseguire in questa insensata volontà di non arginarne la corsa in maniera netta (chiusura definitiva), ma usando futili ed insignificanti escamotages.

Il suo cammino inarrestabile verso la morte (non solo materiale ma intesa anche come distruzione di speranze alternative e futuro della cittadinanza tarantina e di tutta la terra jonica) e quella di tutti coloro che ne sono a stretto contatto, ha già date certe. Nei giorni scorsi si e’ registrato l’ennesimo episodio increscioso, ormai non si contano più, giungono a scadenze periodiche, come se involontariamente (o magari anche volutamente) il fato ci avvertisse che la fine è prossima e la valle con i suoi abitanti stanno per essere travolti, provocando danni immensi. Questa volta è il sottosuolo della fabbrica ad “urlare” vendetta, inizia a non reggere più alle molteplici violenze subite dalla grande industria.

E’ di pochi giorni infatti la notizia che dal sottosuolo del capannone dell’officina carpenterie, interna allo stabilimento, una strana sostanza oleosa sgorga ininterrottamente dagli strati sottostanti il piano di calpestio. Dalle prime indagini condotte dal reparto speciale dei Carabinieri (NOE) di Lecce, su segnalazione di alcuni operai, emergono dati allarmanti, pare che la sostanza abbia coinvolto larga parte di quel reparto e che la contaminazione del sottosuolo abbia provocato danni irreversibili. Se tali indiscrezioni dovessero risultare veritiere sarebbe davvero imbarazzante la posizione delle società Ilva e Spesal, che nei mesi scorsi dopo indagini “accurate” avevano rassicurato tutti sulla non allarmante situazione.

Un dato è certo però, in Ilva non si fanno mancare nulla, e infatti, rimanendo in tema di suolo, la scorsa settimana un’ enorme tubazione di acqua marina ha ceduto nell’area cookeria, precisamente nel reparto sottoprodotti. La colonna d’acqua fuoriuscita a svariati bar di pressione, ha provocato lo sbriciolamento della terra sottostante ed in pochissime ore ha creato il crollo di 7 mt di asfalto. E’ stato sempre il fato (a cui sarà dedicata prossimamente una statua commemorativa) a garantire che nessun operaio o tecnico finisse, all’interno della voragine creatasi, o coinvolto nell’incidente.

Arriveremo a chiedere anche l’intervento dell’Europa attraverso i deputati M5S al Parlamento Europeo affinchè si faccia chiarezza sulla globale situazione del sottosuolo dello stabilimento ILVA di Taranto. Per tutti noi del meet up Taras in Movimento quella fabbrica è come un’ automobile malridotta e maltenuta ma soprattutto con 60 anni di usura alle spalle, le si può fare il tagliando, le si può cambiare il carburatore o la testata ma resterà sempre un catorcio da rottamare. Noi gridiamo a gran voce la sua chiusura definitiva e il relativo avvio della bonifica dei terreni che garantirebbero a tutti gli operai ancora linfa vitale per svariati anni.

Meetup Taras In MoVimento

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